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Cronaca Caccamo

"Dove sei amore?", i messaggi a Roberta e la Play dopo l'omicidio: "Così l'imputato depistò le indagini"

Al processo per l'uccisione della diciassettenne di Caccamo, avvenuto a gennaio dell'anno scorso, hanno deposto i carabinieri. Pietro Morreale alle 7.30 di mattina, quando avrebbe già saputo che la ragazza era morta, avrebbe continuato a scriverle per capire dove fosse. Lo stesso avrebbe fatto col fratello della vittima: "L'avete trovata?"

Avrebbe saputo perfettamente che era morta, avendola - secondo l'accusa - uccisa, eppure Pietro Morreale, ancora alle 7.37 del 24 gennaio dell'anno scorso, avrebbe continuato a scrivere alla sua ragazza, Roberta Siragusa, per capire dove fosse finita: "Viii", "Amooo"", "Cazzo fai", le avredde detto su Whatsapp, e "Non ho potuto dormire", "Mi hanno fatto 1000 chiamate tua madre e tuo frate", "Dove sei", "Un'ora di sonno ho", "Dove cazzo sei". Un depistaggio bello e buono, per il pubblico ministero, che è stato illustrato durante il processo per l'omicidio della diciassettenne, avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 gennaio, a Caccamo.

Ma non è tutto. Dalle deposizioni dei carabinieri che hanno indagato sul delitto salta fuori un altro macabro particolare: quando l'imputato - che ha sempre respinto l'accusa di aver ammazzato la giovane - avrebbe dato fuoco alla vittima, davanti al campo sportivo del paese, sarebbe rimasto nella sua macchina a guardare e, contemporaneamente, avrebbe scritto ad un amico per chiedergli se fosse stato disponibile a giocare alla playstation con lui di lì a poco.

Il processo si sta svolgendo davanti alla Corte d'Assise e la famiglia della ragazza, che avrebbe voluto lasciare Morreale, si è costituita parte civile con l'assistenza degli avvocati Giuseppe Canzone, Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Sergio Burgio. Parte civile sono anche il Comune di Caccamo e due associazioni che si occupano del contrasto alla violenza sulle donne.

I primi testimoni sentiti durante l'udienza di ieri sono stati i carabinieri, che hanno ricostruito le fasi del ritrovamento del cadavere della ragazza, della versione fornita dall'imputato (secondo cui Roberta Siragusa si sarebbe cosparsa di benzina e si sarebbe suicidata, gettandosi in un dirupo lungo il Monte San Calogero, e lui si sarebbe pure ferito nel tentativo di salvarla) e dei primi sospetti sul suo conto. 

Il gip: "Roberta uccisa da gelosia e possesso"

In aula sono stati ricostruiti i movimenti del presunto assassino, ripresi da diverse telecamere piazzate nel paese, compresa quella vicino al campo sportivo, dove la diciassettenne sarebbe stata uccisa (tra una serie di oggetti bruciati vennero ritrovate anche le sue chiavi di casa) per essere poi trasportata lungo il Monte San Calogero, dove non furono ritrovate invece tracce di incendio. Secondo gli investigatori, Morreale si sarebbe fermato a guardare le fiamme e intanto, come se nulla fosse, avrebbe scritto all'amico per invitarlo a giocare. Un tentativo di costruirsi un alibi?

L'imputato non solo avrebbe tentato poi di despitare le indagini continuando a scrivere alla ragazza fino a quasi le 8 di mattina, ma avrebbe fatto lo stesso con i suoi parenti. Alle 7.22 del 24 gennaio scriveva per esempio al fratello della vittima: "Dove cazzo è, santo Dio, niscissi pazzu..." e l'altro rispondeva: "Ho guardato pure sopra" e Morreale: "E niente? Dove cazzo è andata" e il fratello: "Nemmeno ci prende il telefono". Poi l'imputato affermava: "Ha da questa notte che provo, ho chiuso occhio un'ora, e ancora la segreteria, non ho capito perché sta facendo così, senza litigare e niente... Ora la cerco anche io, mi ha detto tua madre che è andata da Denise e le hanno detto che non c'è, santo Dio". Infine, esattamente nello stesso momento in cui scriveva alla vittima "Viii" e "Amoooo", cioè alle 7.37, tornava a chiedere al fratello: "L'avete trovata???" e il giovane rispondeva: "No". Morreale quindi bestemmiava.

Il processo è stato rinviato alla settimana prossima, quando proseguirà l'audizione dei carabinieri e sarà anche trasmesso in aula il terribile video in cui si vedono le fiamme accanto al campo sportivo di Caccamo.

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