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Cronaca Partinico

Uccise a coltellate l'amante incinta: "Sono pentito, ho rovinato la vita a due famiglie"

Scoppiando più volte in lacrime, ha deposto davanti alla Corte d'Assise Antonino Borgia, l'imprenditore di Partinico che ha confessato di aver ammazzato Ana Maria Lacramioara a novembre del 2019. Non ha chiarito ai giudici cosa lo abbia spinto a massacrare la giovane: "Non so cosa mi è successo"

"Sono dispiaciuto e pentito, non so cosa mi è preso", sono queste le parole di Antonino Borgia, l'imprenditore di Partinico che il 22 novembre del 2019 uccise con dieci coltellate Ana Maria Lacramioara Di Piazza, 30 anni, di origine romena ma residente a Giardinello da tanti anni. "Ho rovinato la vita alla mia famiglia e a quella della ragazza", ha detto stamattina l'imputato, scoppiando più volte a piangere davanti alla Corte d'Assise presieduta da Sergio Gulotta.

L'uomo, sposato e padre di una bambina, non ha tuttavia saputo dare una spiegazione alla carneficina di quel giorno: la vittima venne accoltellata in diversi fasi, inseguita per strada e alla fine scannata. Il suo cadavere era stato poi nascosto in un terreno lungo la statale 113. "Non so cosa mi è passato per la testa - ha spiegato Borgia - abbiamo iniziato a litigare e l'ho colpita". Chiari non sono neppure i motivi del litigio, però. L'imputato ha raccontato che con la giovane aveva "un'amicizia" e che ogni tanto si frequentavano e tra di loro ci sarebbe stato qualche rapporto sessuale. Un giorno lei gli avrebbe detto di essere rimasta incinta "ma - ha affermato l'imprenditore - non mi disse che il bambino era mio". Visto che la vittima avrebbe deciso di abortire, lui si sarebbe offerto di aiutarla. Il giorno del terribile omicidio, la discussione sarebbe nata, sempre secondo l'imputato, perché la ragazza questo aiuto, anche economico, lo avrebbe preteso con forza.

Borgia, stamattina, non ha mai parlato della vittima come della sua "amante" né ha detto di temere che potesse rivelare alla moglie la loro relazione. Ha solo ripetuto che "non so cosa mi è successo", cercando in qualche modo di sostenere la tesi del raptus.

Il procuratore aggiunto Annamaria Picozzi e il sostituto Chiara Capoluongo, che hanno coordinato l'indagine, contestano a Borgia una lunga lista di reati: omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dal fatto che la vittima fosse incinta (di quattro mesi, come ha stabilito l'autopsia), il procurato aborto e l'occultamento di cadavere. Accuse che, alla luce delle norme più recenti, hanno impedito all'imputato di fare l'abbreviato e di ottenere eventuali sconti di pena.

L'imprenditore, anche se subito dopo l'omicidio aveva continuato a fare la sua vita normalente, andando al bar, dal barbiere e persino a sbrigare una pratica al commissariato di Partinico, aveva poi confessato. Per arrivare a lui, tuttavia, furono necessarie le testimonianze di diverse persone. Una di loro riferì di aver visto dalle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della sua abitazione un uomo in mutande che aggrediva una donna. Un'altra, tra le campagne tra Alcamo e Balestrate, disse di aver visto una ragazza inseguita da un uomo scappare in un furgone. E proprio il furgone fu fatale a Borgia: una scritta sul mezzo, infatti, aveva portato gli investigatori alla sua ditta di progettazione e realizzazione di piscine.

Oggi, in lacrime, l'uomo si è detto pentito del suo gesto e consapevole di aver rovinato due famiglie. La madre della vittima, Anna Maria Di Piazza, si è costituita parte civile nel processo, con l'assistenza dell'avvocato Angelo Coppolino. E' lei che sta crescendo il figlio di Ana Maria: "Quello che è stato fatto mia figlia - aveva spiegato a PalermoToday - non si farebbe neanche a un animale: è per lei che sono qui e soprattutto per mio nipote. Lui deve pagare".

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