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Cronaca Tribunali-Castellammare / Via dei Cassari

Emanuele Burgio ucciso alla Vucciria a colpi di pistola: rinviati a giudizio in tre

Il giovane venne assassinato lo scorso 31 maggio in via Cassari. La Procura contesta anche l'aggravante mafiosa, ma il movente della spedizione punitiva sarebbe uno scontro nato da un banale incidente

A poco meno di un anno dall'omicidio di Emanuele Burgio, il giovane assassinato a colpi di pistola in via Cassari, alla Vucciria, lo scorso 31 maggio, il gup Marco Gaeta ha disposto il rinvio a giudizio per i fratelli Matteo e Domenico Romano e il figlio del secondo, Giovanni Battista, che furono fermati poche ore dopo il delitto dalla squadra mobile. Il processo per loro inizierà il 13 luglio davanti alla prima sezione della Corte d'Assise.

Il giudice ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Paolo Guido e dei sostituti Giovanni Antoci e Gaspare Spedale, che contestano anche l'aggravante mafiosa perché l'omicidio sarebbe avvenuto proprio in un contesto di prevaricazione tipicamente mafioso, anche per le modalità. Nessuno dei parenti della vittima si è costituito parte civile.

Gli avvocati degli imputati, Giovanni Castronovo, Vincenzo Giambruno e Raffaele Bonsignore, avevano chiesto di accedere al rito abbreviato, cosa che per questo tipo di reato è ormai impossibile dal 2019. Nonostante gli argomenti delle difese, il gup ha respinto l'istanza: si va dunque a dibattimento.

Burgio era figlio di Filippo, condannato in via definitiva proprio per mafia perché in un suo negozio erano stati rinvenuti alcuni pizzini del boss di Pagliarelli Gianni Nicchi, mentre Matteo e Domenico Romano sono i fratelli di Davide, il boss di Borgo Vecchio ritrovato incaprettato il 6 aprile del 2011 nel bagagliaio di una Fiat Uno abbandonata nella zona di corso Calatafimi. A sua volta la vittima, 25 anni, era imputato in un processo per droga quando venne ucciso. Il movente dell'omicidio, però, non avrebbe nulla a che vedere con Cosa nostra e con la droga.

Secondo la Procura - e in base anche alle dichiarazioni rese da uno degli imputati - la spedizione contro Emanuele Burgio sarebbe legata ad uno scontro tra Giovanni Battista Romano ed un parente della vittima, dopo un piccolo incidente stradale avvenuto qualche giorno prima dell'omicidio. Un fatto banale che però avrebbe portato addirittura Burgio ad andare a cercare i Romano e la situazione non sarebbe degenerata soltanto per la mediazione di un'altra persona.

La sera del 31 maggio, invece, furono i Romano ad andare alla Vucciria, uno di loro armato di pistola. Le telecamere di sorveglianza avevano ripreso una discussione molto animata davanti alla trattoria "Zia Pina" gestita dalla famiglia di Burgio. Poi Giovanni Battista Romano avrebbe preso la pistola che teneva dietro la schiena e l'avrebbe passata allo zio Matteo che materialmente avrebbe aperto il fuoco contro il giovane, che aveva inutilmente tentato di scappare.

Domenico Romano, l'unico degli imputati che aveva deciso di rispondere alle domande del gip dopo il fermo, spiegò che Burgio sarebbe stato un violento ("se non mandava cinque persone in ospedale ogni sera non se ne saliva") e che nonostante si fosse posto nei suoi confronti con "sottomissione", la lite alla Vucciria era degenerata. La vittima, secondo la sua versione, avrebbe minacciato loro: "Vi devo scippare la testa e poi ci devo giocare a pallone".

Oltre alle immagini delle telecamere, contro gli imputati c'erano una serie di intercettazioni (tra cui: "Ho comprato la pistola ieri e mi sono andato a rovinare!"). Ma Domenico Romano aveva spiegato: "Se dobbiamo fare una cosa del genere (cioè l'omicidio, ndr) non andiamo lì, con 200 mila persone e 300 mila telecamere monitorate a 360 gradi, con i nostri motori e cose...", cercando di escludere dunque la premeditazione. La Procura e ora anche il gup sono stati di un altro avviso. 
 

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