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Cronaca Calatafimi / Via Cappuccini

Clochard bruciato vivo, ergastolo per il benzinaio omicida

Così ha deciso il giudice per Giuseppe Pecoraro, reo confesso del delitto avvenuto a marzo 2017. Al momento dell’agguato la vittima, Marcello Cimino, stava dormendo sotto i portici del ricovero dei Cappuccini

Carcere a vita per il benzinaio che bruciò vivo un clochard “colpevole”, secondo lui, di aver insidiato la sua compagna. Il giudice Maria Cristina Sala ha condannato all’ergastolo Giuseppe Pecoraro, imputato per omicidio volontario dopo aver provocato la morte di Marcello Cimino, un senzatetto che quella tragica notte del 10 marzo 2017 stava dormendo nel suo giaciglio di fortuna sotto i portici della mensa dei poveri dei frati Cappuccini.

Omicidio in via Cappuccini, clochard muore bruciato vivo
Omicidio sotto i portici della mensa, il video shock

Le drammatiche scene di quella notte sono state immortalate dalla videosorveglianza dei Cappuccini. Le telecamere hanno ripreso l’agguato teso al “rivale in amore”: le immagini mostrano Pecoraro che cammina con un secchio tra le mani, si avvicina al suo obiettivo e gli versa della benzina addosso. Poi estrae dalla tasca un accendino, appicca l’incendio e fugge. Infatti sulle sue mani e sui suoi vestiti, poche ore dopo, sono state trovate tracce compatibili con le modalità di esecuzione dell'omicidio. In meno di una notte di indagini la polizia ha rintracciato Pecoraro che, messo alle strette, ha confessato tutto.

Bruciato vivo per gelosia, arrestato | Video

All’udienza di oggi erano presenti i familiari di Cimino. Alle quattro sorelle e alle due figlie, costituitesi parte civile con l’assistenza degli avvocati Antonino Palazzotto e Francesco Martorana, è stata riconosciuta una provvisionale, rispettivamente di 50 mila alle figlie e 10 mila euro ciascuno per le sorelle. A rappresentare l’accusa, nel processo con rito abbreviato, i sostituti procuratori Alfredo Gagliardi e Maria Forti che hanno chiesto l’ergastolo per l'imputato. Inutili i tentativi della difesa, rappresentata dai legali Carolina Varchi e Brigida Alaimo, di dimostrare l’incapacità di intendere e di volere di Pecoraro: secondo i periti in quel momento "era lucido".

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E’ stata proprio la pm Forti, nel corso della requisitoria, ad elencare le aggravanti dell’accusa di omicidio volontario: premeditazione, futili motivi, aver agito con crudeltà e abusando della minorata difesa della vittima. La sentenza, per cui si dovranno attendere novanta giorni per leggerne le motivazioni, arriva a poco più di un anno da quell’omicidio che ha sconvolto per la sua brutalità l'intera la città. A Pecoraro, da oggi anche interdetto a vita dai pubblici uffici, non è stata concessa la decadenza dell’isolamento diurno. 

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