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Cronaca Caccamo

I giudici: "Roberta Siragusa uccisa con modalità atroci, si è finta morta per sfuggire all'assassino"

Le motivazioni della sentenza per l'omicidio della diciassettenne di Caccamo con cui è stato condannato Pietro Morreale. Ricostruito minuto per minuto l'orrore di quella notte: "Lei rifiutò di fare sesso, l'imputato, che aveva premeditato il delitto con freddezza, la aggredì brutalmente, poi le diede fuoco provocandole un'agonia di 2-5 minuti"

Il 17 gennaio 2020, cioè un anno prima di essere ammazzata, Roberta Siragusa ipotizzava addirittura di uccidersi con delle pillole perché, scriveva, "sono stanca di fare questa vita di m..." ed era proprio Pietro Morreale, il suo fidanzato, che è anche colui che è stato condannato all'ergastolo per il delitto, ad incoraggiarla: "Non devi dire queste cose, voglio stare con te io". Come ricostruisce la seconda sezione della Corte d'Assise nelle motivazioni della sentenza, sono state "pienamente provata la forte gelosia e possessività dell'imputato nei confronti di Roberta Siragusa" e "di frequente tali pulsioni si traducevano in aggressioni fisiche come dalla stessa vittima descritte in più conversazioni con un amico". Quell'omicidio, inoltre, Morreale, lo avrebbe premeditato "freddamente" e l'avrebbe compiuto con crudeltà "optando per la modalità più atroce, provocando 'profonda angoscia ed intensissimo dolore'" nella vittima "che si sono protratti in una fase di agonia di circa 2-5 minuti". Non solo: l'imputato "ha assistito impassibile all'abbruciamento", con una "assoluta mancanza di qualsivoglia sentimento di umanità".

Roberta 4 giorni prima di morire: "So che Pietro mi ammazzerà"

E' un film dell'orrore quello ricostruito meticolosamente dalla Corte presieduta da Vincenzo Terranova (a latere Maura Terranova), in relazione all'uccisione della diciassettenne di Caccamo, nella notte tra il 23 e il 24 gennaio del 2021, arrivando ad ipotizzare che ad un certo punto la giovane si sia finta morta o svenuta "per sfuggire alla furia omicida". E ciò che emerge chiaramente è che i giudici non hanno neanche lontanamente creduto alle tesi difensive - l'imputato ha sempre negato di aver ucciso la fidanzata, sostenendo che la ragazza si fosse suicidata - più volte definite nelle motivazioni della sentenza come prive di riscontro e poco plausibili. Accolte, oltre alle tesi della Procura di Termini Imerese, guidata dal procuratore Ambrogio Cartosio, anche quelle delle parti civili, ovvero la famiglia della vittima, assistita dagli avvocati Giovanni Castronovo, Maria La Verde, Sergio Burgio e Giuseppe Canzone (nella foto sotto), nonché il Comune di Caccamo, difeso dall'avvocato Maria Beatrice Scimeca, ed alcune associazioni.

L'imputato: "Non l'ho uccisa, si è suicidata"

"Dai video non è chiaro chi appiccò il fuoco"

La Corte attraverso i messaggi ricavati dai cellulari, i movimenti registrati dai Gps e dalle telecamere di sorveglianza, dalle testimonianze, dalle perizie e consulenze è riuscita a ripercorrere minuto per minuto cosa accadde esattamente quella notte e ha definito un schema preciso e analitico. In relazione a uno dei video fondamentali nel processo, cioè quello ripreso al campo sportivo di Caccamo, dove la ragazza sarebbe stata uccisa (il suo corpo era stato però trasportato lungo il Monte San Calogero e gettato in un dirupo), i giudici dicono che "non è possibile stabilire la dinamica dell'accensione del fuoco, non si può affermare che il fuoco sia stato appiccato dalla stessa vittima né tanto meno che vi sia stato l'intervento di un altro soggetto", ma anche che "se la visione del video non permette di accertare la presenza dell'imputato, è anche vero che non la esclude". Per la Corte, Morreale "ha utilizzato una miccia composta da una traccia di benzina versata sulla stradella fino al corpo tramortito di Roberta già cosparso di liquido infiammabile, che ha consentito all'imputato di tenersi a distanza di sicurezza dall'esplosione della sfera di fuoco".

"Così è stata uccisa Roberta", il video dell'orrore mostrato ai giudici

"Non voglio fare nulla, non voglio bombare"

"Devono escludersi le ipotesi di suicidio o accidente prospettate dalla difesa", scrive chiaramente la Corte, che fornisce l'esatta dinamica dei fatti per come emersi durante il dibattimento: "E' stata pienamente provata la forte gelosia e possessività dell'imputato nei confronti di Roberta Siragusa". Quella sera i due sarebbero stati a casa di lei, che non avrebbe avuto alcuna intenzione di uscire. Morreale attraverso dei messaggi l'avrebbe però sollecitata: "Cosa devi fare tu? Vestirti e truccarti? Ho dimenticato... e depilarti..." e lei rispondeva: "Amo, non mi depilo, non voglio fare nulla", ma l'imputato insisteva: "Depilati", finché la vittima scriveva alle 21.22: "Non voglio bombare", cioè avere rapporti sessuali. Morreale però non mollava: "Sempre illusioni... depilati al posto di parlare con altri".

"Dove sei amore?", i messaggi dell'imputato per depistare le indagini

"Ha rifiutato di fare sesso e lui l'ha aggredita"

Dopo essere usciti ed andati a casa di un'amica, i due si erano allontanati ed avevano raggiunto il campo sportivo. Proprio qui "al campo sportivo - scrivono i giudici - in seguito al rifiuto ad avere un rapporto sessuale con Pietro, rifiuto che già la ragazza aveva peraltro espresso tramite messaggi, e dopo che questi ha scoperto che durante la serata Roberta si era scambiata messaggi con l'amico, è altamente probabile che tra Roberta e Pietro sia scoppiato un litigio, sfociato nell'aggressione anche fisica". Tanto che "nell'auto sono state rinvenute tracce ematiche di Pietro Morreale e Roberta Siragusa" e che "alcune delle ferite riportate sul volto di Roberta Siragusa (in particolare quella sull'arcata sopraccigliare sinistra) sono compatibili con una colluttazione avvenuta nell'auto".

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"Per sfuggire alla furia omicida ha finto di essere morta o svenuta"

"Ed è proprio dalle violente lesioni traumatiche riportate dalla vittima - prosegue la Corte - il cui volto è stato massacrato certamente in un momento in cui la ragazza era ancora in viva, che si consuma l'azione omicidiaria dell'imputato (...) Sebbene non si possa affermare con certezza che le lesioni abbiano provocato un vero e proprio ko, tuttavia erano certamente di una gravità tale da tramortire la vittima o, ancora, è possibile che Roberta, in preda al terrore per la violenza dei colpi subiti, abbia finto di essere morta o svenuta per sfuggire alla furia omicida dell'imputato, così rimanendo immobile distesa al suolo"

"Le ha versato addosso la benzina e ha creato la miccia"

I giudici spiegano poi che "questa posizione" della vittima, immobile e distesa al suolo, "ha favorito l'azione di Morreale che, al fine di ucciderla, ha potuto così versarle addosso la benzina senza che la ragazza avesse alcuna possibilità di fuggire per poi creare la miccia versando lungo la strada la restante benzina che gli ha consentito di restare a distanza di sicurezza dalle fiamme che avrebbero avvolto il corpo di Roberta. A quel punto la ragazza si è portata istintivamente le mani al volto (...) e sotto la spinta del dolore provocato dalle fiamme, è riuscita nell'arco di circa 2 secondi ad alzarsi iniziando istintivamente a correre in preda ad una fortissima angoscia".

"Ha depistato le indagini"

Poi l'imputato, dopo che ormai le fiamme erano spente, secondo la Corte avrebbe nuovamente appiccato le fiamme al corpo nel tentativo di giustificare la versione che avrebbe fornito dei fatti, ovvero che la ragazza si sarebbe data fuoco da sola, dopo essersi cosparsa di benzina, e che lui avrebbe persino tentato di soccorrerla, ma inutilmente. E' stato accertato durante il processo, inoltre, che proprio nei minuti in cui l'auto di Morreale era ferma davanti al campo sportivo, poco prima del rogo, lui avrebbe contattato un amico per poter andare a giocare con la Playstation. Non solo: aveva mandato anche messaggi alla stessa Roberta, chiedendole dove fosse, nel preciso intento di "depistare le indagini". 

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