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Cronaca

"Quei 5 colpi di pistola nella villetta di via Savonarola": Azoti e il coraggio della memoria

Piantato un albero di ulivo davanti al cippo che ricorda il sindacalista ucciso 71 anni fa: "Nella Sicilia del dopoguerra veniva decapitato chi organizzava i lavoratori per la conquista dei diritti"

Un albero di ulivo è stato piantato ieri dalla Cgil Palermo e dal dipartimento Legalità Cgil Palermo, davanti al cippo che ricorda Nicolò Azoti, il segretario della Camera del Lavoro di Baucina ucciso il 21 dicembre di 71 anni fa, nella villetta a lui intestata in via Savonarola. Azoti fu vittima di un agguato mortale (5 colpi di pistola alle spalle), e l’inchiesta per il suo omicidio venne archiviata in istruttoria. La sua "colpa"? Provare ad applicare le disposizioni fissate dai decreti Gullo che, attraverso l’abolizione del latifondo e il superamento delle condizioni di povertà dei contadini, tentavano di rimettere in discussione il sottosviluppo del Mezzogiorno.

Azoti puntava su due obiettivi: far sì che il 60% della produzione ottenuta dalle coltivazioni restasse ai contadini e distribuire i terreni incolti o malcoltivati ai contadini, organizzati all’interno di cooperative agricole. Al sindacalista venne proposto di “lasciar perdere” in cambio di vantaggi personali, poi, dopo il rifiuto, alle minacce seguì l’agguato. 

NICOLO' AZOTI-3La storia di Azoti somiglia a quella dei tanti sindacalisti uccisi nel dopoguerra: aveva organizzato i braccianti e fondato una cooperativa. Ma nella Sicilia del 1946 creare una cooperativa era come una dichiarazione di guerra. Dopo l'agguato Azoti imase in vita ancora due giorni, il tempo di parlare con la moglie e i carabinieri. Ma il gabellato denunciato sparì, era andato a preparare alibi e testimoni. E - come detto -  il caso cadde nel silenzio.

“Ricordare la nostra storia, ricomporre la memoria di tutti i figli della resistenza del popolo siciliano è il nutrimento essenziale, la linfa vitale, per tutte le iniziative che la Cgil porta avanti e che hanno al centro il lavoro come valore - ha dichiarato il segretario generale della Cgil Palermo Enzo Campo – Sono tanti i dirigenti sindacali uccisi, molti dei quali poco noti, che ancora dobbiamo ricordare. Alcuni, come Antonella Azoti, hanno lanciato un urlo per chiedere il riconoscimento della storia del proprio padre, ucciso dalla mafia, altri non l'hanno voluto fare non accettando una realtà così dolorosa, altri sono venuti ai funerali per la prima volta in pubblico dopo decenni di oblio con i vestiti della festa. Noi proveremo a ricordare tutti”.

Alla cerimonia sono intervenuti la figlia Antonella Azoti lo Spi Cgil, l'associazione Libera, il centro Pio la Torre, l'Anpi, l'istituto Gramsci, il centro di documentazione Peppino Impastato la cooperativa Placido Rizzotto, il movimento per la casa 11 luglio, i nipoti di Placido Rizzotto e Giuseppe Puntarello, altri due dirigenti sindacali vittime della mafia.

“Antonella Azoti è stata una testimone importante, perché si è battuta per far sì che la memoria di suo padre venisse riconosciuta - ha detto il responsabile del dipartimento legalità della Cgil Palermo Dino Paternostro, ricordando i dirigenti e capi lega di quell'antimafia sociale formata dal movimento dei lavoratori e dei contadini -. Sono stati tantissimi i caduti, sull'onda di una lunga strage al rallentatore, che ha avuto come denominatore comune l'attacco al movimento dei lavoratori, decapitando chi organizzava i lavoratori per la conquista dei diritti”.

“Un rosario infinito di morti che ha costretto nel lutto tantissime famiglie” - ha aggiunto Antonella Azoti – Molti sono rimasti nel silenzio per difendere il loro caro. Un silenzio che ha condannato anche me per 46 anni, e che un giorno davanti all'albero Falcone ho voluto spezzare. Non era solo la mia storia che volevo venisse ricordata. Mio padre, così come gli altri, sono stati uccisi per una causa comune, per il movimento dei contadini. Siamo tutti figli loro”. 


 

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