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Cronaca

Chiesero il pizzo allo chef Giunta, tre condanne per più di 12 anni

A essere condannati sono stati la "mente" Antonino Ciresi (6 anni) per tentativo di estorsione aggravata e Giuseppe Battaglia (quattro anni) e Alfredo Perricone (due anni e otto mesi). Tutto nacque da un biglietto: "mettiti a posto e un fare u sbirru picchì ti finisci mali"

Avrebbero chiesto il pizzo al noto chef palermitano Natale Giunta. Con questa accusa sono stati condannati Antonino Ciresi (6 anni) per tentativo di estorsione aggravata e Giuseppe Battaglia (quattro anni) e Alfredo Perricone (due anni e otto mesi), entrambi per tentativo di estorsione semplice. Ciresi, 71 anni, sarebbe l’estortore che materialmente avrebbe chiesto la “messa a posto” al ristoratore.

Gli altri due, Perricone e Battaglia, invece, avrebbero finto di consigliare in modo “amichevole” di pagare il pizzo allo chef. Pochi giorni fa furono condannati Giovanni Rao e Maurizio Lucchese, rispettivamente a sette anni e otto mesi di reclusione e sei anni e otto mesi. Le richieste di denaro sarebbero avvenute nei primi mesi del 2012, quando Giunta gestiva la società di catering Ng Service. Ciresi si sarebbe fatto avanti per primo. Giunta, però, tramite l’associazione antiracket Libero Futuro si rivolse alla polizia e denunciò gli estorsori.

Nel marzo 2012 - secondo quanto hanno riferito gli inquirenti - la vittima è stata contattata dagli aguzzini. La "colpa" di Giunta fu quella di aver intrapreso delle attività commerciali senza aver chiesto l’autorizzazione a Cosa nostra, ovvero di non essersi messo a posto, esigendo, quindi, la somma di 2 mila euro, da pagare sia a Pasqua che a Natale, per il sostentamento delle famiglie dei detenuti.

Gli intermediari, dopo aver fatto intendere che non stavano scherzando, sottolinearono che il loro approccio era stato assolutamente benevolo, in quanto non avevano preannunciato il loro arrivo con danneggiamenti. Giunta fece poi capire di non essere nelle condizioni di soddisfare la richiesta estorsiva perché in difficoltà economiche, ma gli uomini del pizzo gli risposero che erano certi che avrebbe cambiato idea. Di li a poco, infatti, fu recapitato alla vittima un biglietto anonimo con scritte minacciose (“mettiti a posto e un fare u sbirru picchì ti finisci mali”), poi due danneggiamenti all’interno del suo locale e, da ultimo, la tanica di benzina collocata all’esterno dell’attività commerciale. Quindi le indagini, gli arresti e le condanne.

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