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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca Termini Imerese

"I medici sbagliarono, ma il paziente sarebbe comunque morto", condannati i parenti della vittima

La storia della famiglia di G. S., deceduto a 75 anni dopo essere caduto in un suo terreno. I giudici hanno stabilito sia in primo che in secondo grado che, nonostante gli errori commessi dai sanitari dell'ospedale Cimino di Termini dov'era stato curato, l'anziano non avrebbe potuto in ogni caso salvarsi. I suoi figli dovranno versare oltre 7 mila euro all'Asp

I medici dell'ospedale Cimino di Termini Imerese commisero degli errori quando curarono un paziente di 75 anni che si era presentato al pronto soccorso dopo essere caduto ed aver battuto violentemente la testa e che poi era morto, ma "anche un comportamento alternativo corretto non avrebbe scongiurato l'evento morte che si sarebbe comunque verificato". Per questo i giudici della seconda sezione civile della Corte d'Appello hanno rigettato la richiesta di risarcimento da quasi un milione avanzata dai figli dell'anziano (la moglie è deceduta durante il processo) e li hanno invece condannati a pagare le spese di giudizio sostenute dall'Asp, cioè oltre 7.300 euro.

La sentenza, emessa dalla Corte presieduta da Giuseppe Lupo, conferma quella del giudice Laura Petitti del tribunale di Termini Imerese di gennaio 2021, con cui allo stesso modo erano state accolte le tesi dell'azienda sanitaria (da cui dipende l'ospedale di Termini), difesa dall'avvocato Diego Ferraro (nella foto) per una vicenda che risale ormai a ben 14 anni fa.

Avvocato Diego FerraroE' infatti una storia travagliata quella di G. S. e della sua famiglia. L'anziano, il pomeriggio del 10 marzo del 2009, era caduto mentre si trovava in un suo terreno ed aveva battuto la testa. I suoi parenti lo avevano prima portato a casa, dov'era stato visitato dal medico di famiglia, che aveva poi consigliato di accompagnarlo al pronto soccorso dell'ospedale Cimino.

Qui, come accertato da due diverse consulenze tecniche, eseguite sia in primo che in secondo grado, i medici sbagliarono: "E' certamente emerso che i sanitari dell'ospedale di Termini Imerese incorsero in due importanti imperizie - scrivono infatti i giudici d'appello - riconosciute da tutti i consulenti che hanno analizzato la documentazione: una prima errata refertazione degli esiti della Tac eseguita nell'immediatezza dell'arrivo al pronto soccorso" del paziente e "una condotta colposa in capo al medico del pronto soccorso, anche indotto in errore dagli errati esiti della prima Tac, il quale, considerato tutti i fattori di rischio, avrebbe dovuto sottoporre subito il paziente ad una consulenza specialistica neurochirurgica". 

G. S. era stato successivamente trasferito al Civico di Palermo, dov'era stato sottoposto ad un delicato intervento che risultò "all'esito tecnicamente riuscito", come scrisse il giudice di primo grado. L'anziano era stato così trasferito in Rianimazione ed avrebbe mostrato anche segni di miglioramento, visto che, pur restando in coma, sarebbe riuscito a respirare autonomamente. Il 22 marzo erano sorte però nuove complicazioni e il giorno successivo l'uomo era deceduto.

Ritenendo che la morte di G. S. fosse stata determinata dal comportamento non corretto dei medici di Termini Imerese, la sua famiglia aveva avviato una causa civile, chiedendo di essere risarcita con quasi un milione. In primo grado l'istanza era stata respinta dal giudice e la decisione adesso è stata confermata - dopo una nuova consulenza tecnica - in appello.

"Gli esiti degli approfonditi accertamenti peritali hanno dimostrato - affermano i giudici di secondo grado - che anche un comportamento alternativo corretto non avrebbe scongiurato l'evento morte, che si sarebbe comunque verificato con elevatissima probabilità in presenza del quadro clinico così grave in cui versava il paziente e dei plurimi fattori di rischio e ciò recide il nesso eziologico tra la condotta imperita e l'evento dannoso, costituito dall'avvenuto decesso". Da qui la condanna per la famiglia di G. S. a pagare le spese di giudizio sostenute dall'Asp.

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