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Cronaca

"Addio Nazareno, fuoriclasse della birra": triste raduno davanti al suo pub per l'ultimo saluto

In tanti si sono dati appuntamento in via Cantavespri. Saracinesche abbassate, gente in lacrime. Una specie di veglia spontanea tra silenzio surreale e incredulità a poche ore dalla morte del titolare di Extra Hop, che si è spento nel sonno a 42 anni la scorsa notte

Questa volta il luppolo ha il gusto amaro della morte. Proprio quel luppolo che era diventato per lui uno stile di vita. Perché chi ha frequentato la Palermo che beve sa che Nazareno Ferrari era il più grande intenditore di birra in città. Birra che lui aveva fatto diventare una religione. Da cinque anni il suo "Extra Hop", in centro, si era trasformato in ritrovo e tempio per gli appassionati, sulla scia del vecchio Bukowski, locale assai noto e ormai trapassato in una città in cui quasi tutto quello che viene creato spesso si distrugge.

Nel suo locale Nazareno la birra la beveva, la spiegava, la commentava, la cucinava. "Cosa vuoi bere?", chiedeva a chi era indeciso. E al di là del bancone - scrutando l'umore del suo cliente - si lanciava in appassionate descrizioni di birre siciliane o nordeuropee. Inneggiando all'ultima "creatura" artigianale sbarcata nel suo pub. Dorata, profumata, leggera, maltata, schiumosa. Bionde, nere o rosse. Sapeva cogliere ogni dettaglio ed esaltava ogni impercettibile sfumatura. Un'enciclopedia della birra: ti raccontava del gusto del luppolo e del sapore aromatizzato e si estasiava nella descrizione dei sentori erbacei.

E mentre qualcuno ripeteva dall'esterno del suo locale "Nazareno, ce ne porti un'altra?", lui parlava di monaci trappisti e pontificava su fermentazioni, orzo, carbonazione, grano e avena. Fino a quando ti chiedeva - alla fine - se avevi colto il coriandolo, i fiori o il pompelmo in quello che avevi appena bevuto. Perché per lui la birra era passione più che lavoro. E sapeva soddisfare le tue aspettative. Conosceva a memoria quello che vendeva, sorretto da un'erudizione sconfinata, e facilitava quella che in gergo si chiama "beva", rendendola un'arte associata allo svago. Una birra dopo l'altra, nelle serate che si trasformavano in notti.

Nazareno lascia la compagna e Giovanni, il figlio di tre anni e mezzo. E tutta una serie di amici, appassionati, clienti, conoscenti che faranno fatica a dimenticarlo. Schietto, ironico - al punto da trasformare il venerdì con cui si stappava il weekend, in "beverdì" - di poche parole, apparentemente rude. Ha lasciato un vuoto in chi lo conosceva.

E stasera, quasi a non voler accettare la notizia della sua morte, in tanti si sono dati appuntamento davanti al suo locale di via Cantavespri. Saracinesche abbassate, gente in lacrime. Una specie di veglia spontanea tra silenzio surreale e incredulità. Il locale Ballarak, per solidarietà, stasera ha deciso di restare chiuso, sintonizzandosi col lutto vissuto dagli appassionati della birra: un omaggio a quello che i titolari hanno definito il proprio mentore. Nazareno Ferrari era un innovatore, ma che non dimenticava la tradizione, fino a diventare punto di riferimento anche per gli amanti della Forst, che vendeva alla spina, simbolo di palermitanità. Aveva creato festival, serate, giornate e gruppi consacrati alla birra.

"Se ne va un fuoriclasse. Fino a ieri eravamo qua a parlare con lui, non è possibile", dicono due ragazzi che a fatica trattengono le lacrime. Nazareno se n'è andato nel sonno, senza fare rumore. Chiamato da un destino infame. A 42 anni, quando il secondo tempo della vita, in fondo, era appena iniziato. Quella stessa vita che lui aveva deciso di affrontare sempre a sorsi.

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