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La sentenza

Morta per una chemio sbagliata, anche in appello la Corte dei conti condanna i medici a risarcire

I giudici hanno confermato che i sanitari del Policlinico coinvolti nella vicenda di Valeria Lembo, la donna uccisa da un dosaggio eccessivo di farmaco chemioterapico nel 2011, dovranno ripagare l'ospedale

Anche in appello la Corte dei Conti condanna i medici a risarcire l’ospedale Policlinico per la morte di Valeria Lembo, la donna uccisa da un dosaggio eccessivo di farmaco chemioterapico nel 2011. Un errore fatale che portò a somministrale dieci volte la dose necessaria, fu accertato nel corso del processo penale.

I sanitari coinvolti nella vicenda sono stati ieri condannati dai giudici della Corte dei conti d'appello presieduta da Giuseppe Aloisio. Il primario Sergio Palmeri dovrà risarcire l'azienda sanitaria con 875 mila euro, l'oncologa Laura Di Noto e l'allora specializzando Alberto Bongiovanni dovranno pagare la somma ciascuno di 318 mila euro. Le infermiere Elena Demma e Clotilde Guarnaccia sono state assolte. Il Policlinico invece è stato condannato a risarcire i familiari con quasi due milioni di euro.

Le tappe della vicenda

La vicenda risale al 2011. Valeria Lembo aveva 34 anni, un bambino di pochi mesi ed era sposata. Si era sottoposta ad un ciclo di chemioterapia per contrastare un linfoma di Hodgkin. Una patologia dalla quale sarebbe stato possibile guarire. Invece - per una catena di errori tra primari, medici, specializzandi e infermieri - la cura si trasformò in un veleno letale: quell'overdose di vinblastina in pochi giorni la stroncò. La donna non ebbe scampo e il 29 dicembre morì in ospedale. La sua famiglia denunciò subito l'accaduto, anche attraverso la stampa, e la Procura aprì un'inchiesta.

Sono serviti sei gradi di giudizio e oltre 10 anni per chiudere la vicenda giudiziaria. Solo lo scorso marzo infatti la Cassazione ha reso definitive le sentenze: l'ex primario del reparto di Oncologia del Policlinico, Sergio Palmeri, è stato così condannato a 3 anni, l'oncologa Laura Di Noto a 2 anni e 3 mesi (per lei però i giudici hanno deciso di annullare con rinvio soltanto l'aspetto legato alle pene accessorie) e l'allora specializzando Alberto Bongiovanni a 3 anni e 5 mesi. Unica assolta è l'infermiera Clotilde Guarnaccia.

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