E' morta Antonella Azoti, figlia del sindacalista ucciso a Baucina: 20 giorni fa la scomparsa del marito
L'annuncio della Cgil: "Un nuovo lutto ha colpito la famiglia". I funerali si svolgeranno martedì nella Chiesa Gesù, Maria e Giuseppe. Il cordoglio del segretario generale del sindacato di Palermo Mario Ridulfo: “Ci consegna l’impegno a mantenere viva la memoria”
A distanza di venti giorni dal marito, è morta Antonella Azoti, la figlia del sindacalista di Baucina Nicoló, ucciso dalla mafia il 21 dicembre del 1945, all’età di 37 anni. Ad annunciare la sua scomparsa è Cgil che si stringe con grande affetto ai figli Alberto e Gabriele e partecipa con commozione al nuovo lutto che ha colpito la famiglia. “Antonella - dichiarano il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e il responsabile dipartimento Legalità e memoria Dino Paternostro - ci consegna l’impegno a mantenere viva la memoria, per non dimenticare che la lotta contro la mafia e per lo sviluppo della Sicilia è stata e dovrà sempre essere lotta di popolo”. I funerali si svolgeranno martedì alle 9 nella Chiesa Gesù, Maria e Giuseppe, in via Sacra Famiglia.
Il discorso sulla memoria
Il 27 gennaio di due anni fa, durante l’inaugurazione di una strada intestata a suo padre a Bonagia, Antonella sottolineò ancora una volta, come ormai faceva da anni in giro per le scuole e nei quartieri, l’importanza della memoria attiva da tramandare alle nuove generazioni: “Oggi viene intitolata a mio padre e ad altri una via. Un memoriale importante, che da solo non può esaurire il concetto di memoria. C’è bisogno di altro, dobbiamo incontrare le realtà che nel territorio ci sono, le associazioni, le scuole, i circoli. Sento il dovere di presentare agli abitanti, giovani e meno giovani, agli anziani, questi uomini simbolo. Chi sono. Cosa hanno fatto, quale era il loro progetto, per cosa sono stati uccisi e quale era il loro nemico. Forse impareranno a conoscerli e, non dico ad amarli, ma ad apprezzarli per quello che hanno fatto, a cominciare dalle conquiste sul lavoro. La memoria - continuava - non è un pacco pronto che puoi ricevere e donare, è qualcosa che ti impegna moralmente, è innanzitutto conoscenza, simbolo e stimolo per ricercare, documentarsi, approfondire e andare avanti. E' impegno e responsabilità , qualcosa da coltivare e innaffiare, come si coltivano e innaffiano le piante. La memoria per noi familiari è l’unica forma di giustizia cui possiamo aspirare. Non abbiamo avuto diritto a processi, non c’è stata una sentenza, una condanna, per nessuno dei sindacalisti uccisi. E questo fa capire che non furono eliminati per caso. Era un progetto freddo, razionale. Secondo me la memoria è anche più importante della giustizia legale. La giustizia storica data dalla memoria condivisa è un patrimonio da tramandare alle nuove generazioni. Dobbiamo continuare a ricollegare il passato, quello vissuto dai nostri papà, al presente, al lavoro, ai bisogni delle persone, alle loro diversità. Questo diventa memoria attiva e efficace. Ed è quello che dobbiamo fare”.