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Martedì, 19 Marzo 2024
Cronaca

Fa sesso con una 17enne, i parenti lo ricattano e gli spillano 30 mila euro: condannate due palermitane

L'uomo aveva avuto rapporti con la giovane in provincia di Modena. La famiglia della ragazza gli aveva fatto poi credere che aveva contratto una grave malattia dopo gli incontri e che era morta. La vittima era stata così pesantemente minacciata e aveva pagato

Avrebbe avuto rapporti sessuali con una diciassettenne e gli avrebbero fatto credere che, in seguito a questi contatti, la ragazza non solo era rimasta incinta, ma aveva anche contratto una gravissima malattia che l'aveva portata addirittura alla morte. Una storia totalmente falsa - la giovane è viva e vegeta - e inventata per spillare denaro all'uomo, che aveva pagato in diverse occasioni, versando in tutto 30 mila euro. La seconda sezione della Cassazione adesso ha confermato le condanne di due palermitane, madre e figlia, che avevano partecipato all'estorsione avvenuta in provincia di Modena con altre persone.

Il collegio presieduto da Luciano Imperiali ha infatti ritenuto inammissibili i ricorsi di Giovanna Barranca, 66 anni, e della figlia, Patrizia Di Fatta, di 36, confermando la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Bologna il 23 ottobre del 2019 con cui la prima era stata condannata a 3 anni e mezzo e l'altra a 5 anni e 3 mesi di reclusione. Ora dovranno anche versare 3 mila euro alla Cassa delle ammende.

I fatti al centro del processo risalgono ad oltre 10 anni fa ed erano emersi grazie a delle intercettazioni compiute a carico del convivente di Di Fatta nell'ambito di un'altra indagine. La vittima - deceduta già durante l'inchiesta - aveva reso delle dichiarazioni ai carabinieri, che avevano anche riscontrato come in concomitanza con le telefonate delle imputate e di altre persone a loro legate, l'uomo aveva sempre prelevato del denaro dal suo conto corrente.

La vittima aveva subito minacce di morte, ma anche di incendiare la sua casa se non avesse versato i soldi in seguito ai fantomatici danni che avrebbe provocato alla ragazza con cui aveva intrattenuto la relazione. Avrebbe dovuto pagare per la morte della giovane, in realtà in perfetta salute. All'uomo erano state prospettate le ritorsioni dei parenti della diciassettenne, pronti a "salire" da Palermo.

Il 24 dicembre del 2010 due degli altri indagati erano andati a casa della vittima e l'avevano aggredita, i carabinieri - che li stavano intercettando - avevano così deciso di intervenire ed erano scattati degli arresti. L'uomo era poi deceduto, ma le indagini avevano dato riscontro dell'estorsione.

Di Fatta e Barranca erano state condannate entrambe a 5 anni e 3 mesi dal tribunale di Modena il 15 dicembre del 2016. Pena che in appello era stata ridotta soltanto per la seconda a 3 anni e mezzo. I giudici di primo grado avevano parlato delle due donne dicendo "che non si sono mai recate a nel comune di residenza della vittima per incontrarla e che non sono state indicate dalla stessa tra coloro che avevano agito direttamente ai suoi danni". Nelle intercettazioni, però, le due imputate "suggerivano alla sorella sul posto come esercitare pressioni e minacciare l'uomo, facendogli presente che stavano salendo i parenti palermitani o che avrebbe potuto parlare con la nonna della ragazza, che Di Fatta si era resa disponibile ad impersonare al telefono, oltre che reclamare parte delle somme che erano state via via ottenute dalla vittima, convenendo inoltre su quanto richiedere all'uomo".ù

Il tribunale aveva concluso che "non vi è dubbio che sia Di Fatta sia Barranca abbiano contribuito quantomeno moralmente alla prolungata azione criminosa posta in essere dai vari componenti del clan famigliare, rafforzando il proposito delinquenziale" in quanto "pur non essendo operativa sul territorio emiliano, Di Fatta ha in più occasioni consigliato la sorella sulle modalità delle azioni estorsive, istigandola a proseguire nell'opera di svuotamento del conto corrente della vittima".

Quanto a Barranca "dalle intercettazioni è emerso che invitava insistentemente l'altra figlia a inviarle parte dei soldi da lei estorti alla vittima, precisando anzi di mandarne di più di quelli le aveva promesso". Nessun dubbio quindi sulla responabilità delle imputate, come ora ha confermato anche la Cassazione.
 

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