Malati truffati per curarsi col metodo Stamina, in 25 si costituiscono parte civile
Il gup accoglie le richieste delle presunte vittime che, tra 2015 e 2016, avrebbero versato quasi 400 mila euro per ricorrere alla terapia con le cellule staminali messa a punto dall'ormai defunto Davide Vannoni e vietata dall'Aifa. Imputate la presidente palermitana della "Prostamina Life" e una biologa torinese
Sono 25 le persone che hanno deciso di costituirsi parte civile nel processo sul metodo Stamina, la presunta cura per le malattie neurodegenerative a base di cellule staminali messa a punto da Davide Vannoni (morto nel 2018) e in realtà del tutto priva di effetti terapeutici, dunque - per la Procura - una maxitruffa ai danni di disperati pronti a sborsare decine di migliaia di euro pur di guarire o comunque di stare meglio. Inoltre una delle imputate, la biologa torinese Erica Molina, ha preannunciato attraveso il suo avvocato la volontà di patteggiare le pena e anche di pagare eventuali danni alle vittime.
Nel procedimento - che si è tenuto stamattina davanti al gup Elisabetta Stampacchia - è imputata anche la palermitana Rosalinda La Barbera (difesa dagli avvocati Silvia Sansone e Luigi Sambito), presidente dell'associazione "Prostamina Life" e collaboratrice di Vannoni, che secondo il sostituto procuratore Anna Battaglia avrebbe reclutato i malati da raggirare.
Il processo appena cominciato a Palermo è passato da diverse città d'Italia: era nato a Torino, poi era stato trasferito per competenza territoriale a Roma, ma il tribunale della Capitale aveva ritenuto che la sede giusta fosse proprio quella del capoluogo siciliano, non solo perché è qui che vive La Barbera, ma anche perché il primo pagamento - da 27 mila euro - per sottoporsi alla terapia Stamina era partito proprio da Palermo. Vannoni in passato aveva patteggiato un anno e 10 mesi e Molina un anno e 7 mesi in relazione ad altri episodi di truffa.
I fatti contestati dalla Procura di Palermo sono avvenuti tra il 2015 e il 2016, quando i pagamenti da parte delle vittime (malati o loro parenti) sarebbero stati compiuti sui conti esteri della società "Big Tech Ltd", mentre le cure sarebbero avvenute a Tbilisi, in Georgia. Il giudice, nel corso dell'udienza preliminare, dovrà decidere se accogliere il patteggiamento di Molina e se rinviare eventualmente a giudizio La Barbera. Per l'accusa, il metodo Stamina non risponde ai requisiti stabiliti dal ministero della Salute per questo tipo di terapia e non ha mai ottenuto alcuna autorizzazione dall'Aifa (Agenzia italiana del farmaco), che anzi ne aveva vietato l'utilizzo.
Le imputate, però, attraverso l'associazione ma anche utilizzando Facebook, avrebbero continuato a propagandare gli effetti miracolosi del metodo Stamina. E in tanti avrebbero abboccato, visto che tra il 2015 e il 2016 sul conto della "Big Tech Ltd" sarebbero stati versati 378 mila euro. Per il pm, le imputate avrebbero ingenerato "nei pazienti il timore di un pericolo immaginario, ovverosia di non avere possibilità di guarigione se non sperimentando la cura Stamina, approfittando delle condizioni personali, cioè lo stato di grave e irreversibile malattia dei pazienti".
La Barbera, lei stessa paziente di Vannoni e che con la stessa terapia aveva fatto curare il padre e la figlia, ha sempre respinto le accuse. Ha negato ogni forma di raggiro, visto che nessuno avrebbe promesso guarigioni miracolose, ma sollievo. Peraltro, come hanno sottolineato i suoi avvocati, la donna vive di sussidi e in condizioni di indigenza tali da aver avuto diritto al gratuito patrocinio, prova che la truffa ipotizzata dalla Procura non le avrebbe comunque consentito di arricchirsi.