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Cronaca

Mazzette al Comune, Li Castri e altri tre indagati si difendono per ore davanti al gip

Il funzionario arrestato sabato nell'operazione "Giano Bifronte" ha risposto alle domande degli inquirenti, smentendo di aver mai ricevuto nel suo studio il boss Bisconti. Ascoltati anche Giovanni Lupo, l'ex dirigente Giuseppe Monteleone e il consigliere Terrani

Sono stati lunghi gli interrogatori di garanzia per i primi quattro arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Giano Bifronte” sulle presunte mazzette al Comune perché ciascuno degli indagati ha deciso di rispondere alle domande del gip Michele Guarnotta e di difendersi, negando le accuse di corruzione mosse dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Giovanni Antoci, Andrea Fusco e Francesco Gualtieri. Il funzionario Mario Li Castri, difeso dall’avvocato Marcello Montalbano, per oltre tre ore, non solo ha negato gli addebiti, ma anche fornito indicazioni (riservandosi di produrre documenti) per chiarire la sua posizione.

Ha spiegato di aver sempre svolto il suo ruolo con correttezza, negando di aver mai conosciuto Giovanni Lupo e Francesco La Corte della “Biocasa srl”, l’azienda interessata all’approvazione di tre piani costruttivi da parte del Consiglio, e delineando i suoi rapporti con il progettista Fabio Seminerio, suo ex socio. Ha anche sottolineato di non aver mai ricevuto l’ex boss Filippo Bisconti nel suo studio, anche se in passato lo ha conosciuto come imprenditore. Per quanto riguarda i piani, Li Castri ha ribadito di averli ritirati in seguito al procedimento disciplinare avviato a suo carico, sottolineando come i funzionari che poi se ne occuparono non li avevano bocciati.

Mazzette al Comune, interrogato Ingegnere

Lupo e l'ex dirigente comunale Giuseppe Monteleone, difesi rispettivamente dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Nino Zanghì, hanno risposto anche loro alle domande del gip per oltre un’ora ciascuno. Anche loro hanno respinto le accuse e fornito dei chiarimenti. Infine anche l’ex consigliere comunale di Italia Viva, Sandro Terrani, assistito dagli avvocati Raffaele Tango e Michelangelo Zito, si è difeso. Per la Procura si sarebbe impegnato a fare arrivare in Consiglio i piani costruttivi, ottenendo in cambio un posto di lavoro dalla “Biocasa srl” per una sua cara amica, Vincenza Stassi. Terrani ha spiegato che non avrebbe mai ricevuto alcuna richiesta di favore da parte degli imprenditori, che conosceva per via della sua attività politica.

A scagionarlo, dal suo punto di vista, sarebbe il fatto che non avrebbe avuto alcun ruolo utile per far passare i piani, visto che era in Commissione Bilancio. Inoltre, quando le delibere arrivarono in Consiglio lui sarebbe stato a Roma. Secondo la sua versione, sarebbe stato il sindaco, Leoluca Orlando, a premere perché i piani arrivassero a Sala delle Lapidi, e lui avrebbe condiviso questa linea: lo scopo era chiudere la vicenda, in qualsiasi modo, anche bocciandoli, per evitare anche le denunce da parte delle cooperative interessate. Gli interrogatori proseguiranno domani mattina, quando saranno sentiti l’ex consigliere comunale Giovanni Lo Cascio, Seminerio e La Corte.

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