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Cronaca

Caso Mario Biondo, i consulenti della famiglia: "Non era solo in casa all'ora della morte"

I parenti del cameraman palermitano deceduto a Madrid nel 2013, che hanno sempre sostenuto la tesi dell'omicidio, hanno affidato delle verifiche a un team di esperti statunitensi che stanno studiando i dispositivi elettronici della vittima. La Procura generale all'esito della terza autopsia che ha confermato un suicidio ha invece chiesto nuovamente di archiviare

Le tre autopsie - una compiuta in Spagna e le altre due a Palermo - hanno sempre dato una sola ed unica risposta: suicidio. Una versione alla quale però la famiglia di Mario Biondo, il cameraman palermitano trovato impiccato il 30 maggio 2013 nella casa di Madrid in cui viveva con la moglie Raquel Sanchez Silva, non ha mai voluto credere. Mentre sono in corso le ulteriori indagini disposte dal gip a novembre scorso, proprio dai consulenti dei parenti arriva un dato nuovo: Mario Biondo non sarebbe stato solo nell'abitazione all'ora della sua morte. Un elemento a sostegno della tesi sempre portata avanti dalla parte civile, cioè quella dell'omicidio.

L'inchiesta, a otto anni dai fatti, è sempre stata a carico di ignoti e dopo due richieste di archiviazione da parte della Procura è stata avocata dalla Procura generale. Che al termine delle sue indagini - compresa la terza autopsia - aveva ribadito la richiesta di chiudere il caso come un suicidio. La famiglia di Biondo si era però opposta e il gip aveva dato altri sei mesi per fare nuovi accertamenti.

Secondo le indagini difensive, commissionate dai parenti del cameraman alla Emme Team (un gruppo di consulenti legali e paralegali italo-americani che si occupa di casi irrisolti), non solo Biondo non sarebbe stato solo in casa all'orario del decesso, ma qualcuno avrebbe anche usato la sua carta di credito in un locale notturno di Madrid, poco distante dalla sua abitazione, tra le 2:08 e le 2:53 del mattino.

La famiglia ha sempre sostenuto che Mario Biondo non potesse avere alcuna intenzione di togliersi la vita, che era felice e appagato anche professionalmente in quel periodo. Si era da poco sposato con la conduttrice televisiva spagnola che, la notte del suo decesso non era in casa e si trovava in un'altra città. Secondo i consulenti della famgilia, Biondo avrebbe usato Facebook per comunicare con i fratelli e alle 00:48 uno dei suoi due dispositivi avrebbe agganciato il wifi e sarebbe dunque stato usato nell'appartamento, mentre il secondo smartphone sarebbe stato utilizzato nei dintorni dell'abitazione.

Entrambi i dispositivi - secondo le verifiche tecniche compiute dai consulenti - sarebbero stati nuovamente utilizzati in casa di Biondo alle 19 del 30 maggio, quando nell'abitazione erano presenti le forze dell'ordine. Emme Team sta ora lavorando per fornire alla Procura generale una mappa degli spostamenti fatti, tra il 29 ed il 30 maggio 2013, dai due dispositivi individuati, per conoscerne i movimenti successivi. Il lavoro del team di consulenti si svolge essenzialmente negli Stati Uniti dove si trovano i server dei social più diffusi.
 

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