rotate-mobile
Cronaca

Amato, il giudice con la scarpa bucata: "Se lo avessi guardato negli occhi non l'avrei ucciso"

La rivelazione del killer, l'ex Nar Gilberto Cavallini, in Corte d'Assise a Bologna, sul magistrato palermitano. Si tratta dell'ultima vittima del terrorismo politico in Italia. Era la mattina del 23 giugno 1980

"Sono pentito di quello che ho fatto, di quello che non ho fatto non mi posso pentire". Così l'ex Nar CAVALLINI-2, in Corte d'Assise a Bologna, da dove questa sera stessa potrebbe arrivare la sentenza per il suo presunto coinvolgimento nella strage alla stazione. Per lui la Procura di Bologna ha chiesto l'ergastolo per la strage per la quale sono stati condannati in via definitiva Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Oggi l'imputato ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee, prima che la Corte presieduta da Michele Leoni si riunisse in camera di consiglio ed è tornato sull'omicidio di Mario Amato, giudice palermitano ucciso dai Nar  nel 1980.

Parlando delle vittime che gli pesano più sulla coscienza, Cavallini (nella foto a lato) premette che "non si può fare una graduatoria" ma in effetti "uno che mi pesa più degli altri è il giudice Amato, sinceramente: diciamo che quel buco nella scarpa ha colpito anche me. Se l'avessi guardato negli occhi probabilmente non l'avrei fatto, non avevo il coraggio di guardare negli occhi una persona che stavo per ammazzare". 

Mario Amato è stato l’ultimo magistrato vittima del terrorismo politico in Italia. E' stato ucciso la mattina del 23 giugno 1980 a Roma, mentre a piedi stava per prendere l’autobus (linea 391) che doveva portarlo alla città giudiziaria di piazzale Clodio. La sua automobile infatti era in riparazione; aveva chiesto una vettura in ufficio, il giorno prima, ma gli orari di inizio del servizio non gli avevano consentito di arrivare presto in Procura. Amato non si accorse della presenza del giovane alle sue spalle che lo avvicina e, all’altezza della fermata dell’autobus, gli esplode un colpo alla nuca.  Una telefonata rivendicherà l’omicidio: “Siamo i Nar, abbiamo ucciso noi il giudice Amato. Troverete un volantino nella cabina telefonica di via Carlo Felice”. Lo scatto di un fotografo mostrò la sagoma di un corpo sotto il lenzuolo bianco ed una scarpa che ne sporgeva fuori. Una scarpa con un buco nella suola. Era quella di Amato.

Secondo gli ultimi sviluppi giudiziari, una pistola calibro 38 potrebbe collegare l'assassinio del magistrato Mario Amato con l'omicidio del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, avvenuto il 6 gennaio 1980. Ma se l'omicidio di Mattarella fu deciso dalla cupola di Cosa nostra e il nome del killer è sempre rimasto un mistero, il delitto Amato fu organizzato e portato a termine dai terroristi neri dei Nuclei armati rivoluzionari. Un anno fa, il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, ha riaperto l'inchiesta sull'omicidio Mattarella, per cercare di dare un nome agli esecutori materiali. Anche se come emerge delle stesse indagini le armi che uccisero Piersanti Mattarella e il giudice Mario Amato sono dello stesso tipo, Colt Cobra calibro 38 Special, non c'è alcuna certezza sulla loro identità. In altre parole, non si può dire cioè che il presidente della Regione e il giudice antiterrorismo, assassinati rispettivamente a Palermo e a Roma nell'arco di poco meno di sei mesi, nel 1980, siano stati uccisi con la stessa pistola.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Amato, il giudice con la scarpa bucata: "Se lo avessi guardato negli occhi non l'avrei ucciso"

PalermoToday è in caricamento