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"Colonnine taroccate per erogare meno benzina", ma passano 10 anni e la truffa è prescritta

Per una coppia, che gestiva gli impianti in via Oreto, piazza Scaffa e piazza Scalia, è caduta l'aggravante di aver agito per favorire i boss Graviano di Brancaccio. I due sono stati del tutto assolti dall'accusa di aver versato i proventi dell'imbroglio ai mafiosi. Con dei congegni elettronici attivati a distanza avrebbero ridotto del 10% il carburante venduto

Avrebbero manomesso le colonnine ed erogato meno carburante di quello effettivamente conteggiato e, secondo la Procura, avrebbero truffato automobilisti e motociclisti per favorire Cosa nostra, in particolare i fratelli Graviano di Brancaccio. A dieci anni dai fatti, però, per una coppia che gestiva tre pompe di benzina finite sotto sequestro, è scattata la prescrizione per i reati legati all'imbroglio, in quanto i giudici hanno ritenuto insussistente l'aggravante di aver favorito i boss, e i due sono stati del tutto assolti dall'accusa di aver versato i proventi proprio ai mafiosi.

La sentenza è stata emessa dalla seconda sezione del tribunale (collegio presieduto da Roberto Murgia) per Angelo Lo Giudice, 50 anni, e la moglie, Rosa Bompasso, di 49, difesi dall'avvocato Enrico Tignini (nella foto). Gli imputati in passato erano già stati prosciolti dall'accusa di essere stati prestanome dei Graviano: una decisione che ovviamente ha avuto un peso nel processo che si è concluso ora. La Procura aveva chiesto una condanna a 4 anni e mezzo per Lo Giudice e a 2 anni e mezzo per la moglie.

avvocato-enrico-tignini-2Secondo la ricostruzione degli inquirenti, marito e moglie avrebbero gestito per conto dei boss stragisti tre distributori, uno, col marchio Agip, in viale Regione Siciliana, all'angolo con via Oreto, e due stazioni Esso in piazza Scaffa e in piazza Scalia.

Come era emerso nel dicembre del 2011, ai clienti, grazie a dei congegni elettronici attivati a distanza, gli imputati sarebbero riusciti a distribuire un numero di litri di carburante inferiore rispetto a quello che sarebbe comparso sulla colonnina, circa il 10 per cento in meno. Inoltre, sempre secondo il pm, i distributori sarebbero stati in realtà dei Graviano (tanto che erano finiti sotto sequestro assieme ad altri beni, sempre nel 2011: oggi sono tutti chiusi) e i proventi della truffa sarebbero quindi finiti nelle loro tasche.

Per la coppia, però, da tempo è caduta l'accusa di intestazione fittizia aggravata dall'aver agevolato Cosa nostra e, di conseguenza, nel processo sul presunto imbroglio nelle tre stazioni di benzina non poteva reggere l'aggravante mafiosa. Ed è proprio il venir meno dell'aggravante che ha fatto scattare la prescrizione dei reati, essendo trascorso troppo tempo per arrivare alla sentenza. I giudici hanno - per le stesse ragioni - ritenuto invece del tutto infondata l'accusa di riciclaggio aggravato, cioè di aver fatto intascare i profitti della truffa ai boss.

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