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"Ciotti putissimo pure ammazzarlo": il prete antimafia affronta Totò Riina in aula

"Non ho paura, il nostro cammino non si ferma": queste le parole del prete fondatore e presidente di Libera, dopo l'udienza del procedimento milanese che lo vede parte offesa per le minacce ricevute dal Capo dei Capi

"Le minacce di morte di Toto Riina? Non ho paura. Il nostro cammino non si ferma, andiamo avanti". E' stato questo il tasto più battuto da Don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, dopo l'udienza del procedimento milanese che lo vede parte offesa per le minacce di morte che gli furono rivolte dal Capo dei Capi nel settembre 2013 durante una conversazione nel carcere di Opera con il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lorusso.

In quel colloquio, intercettato dagli inquirenti palermitani titolari dell'inchiesta sulla presunta trattativa Stato Mafia, Riina ipotizzava un'attentato contro il presidente di Libera ("Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo"). Il fascicolo venne poi trasferito a Milano per competenza territoriale. Ma, come ha spiegato l'avvocato Enza Rando, che rappresenta Don Ciotti nel procedimento milanese, una volta approdata nel capoluogo lombardo, il Bruna Albertini ha chiesto l'archiviazione dell'indagine. Don Ciotti si è ovviamente schierato contro richiesta di archiviazione: "Riina - ha osservato il presidente di Libera fuori dall'aula - sa come mandare i messaggi fuori dal carcere. Le parole di Riina non sono le parole di uno qualsiasi. Lui resta un simbolo per i mafiosi e anche i suoi silenzi hanno un significato".

Sarà il gip Anna Magelli a stabilire se accogliere o respingere la richiesta di archiviazione della Procura. Il giudice si è riservato e il suo verdetto è atteso nei prossimi giorni. "Sarà la magistratura - ha osservato Don Ciotti - a valutare il profilo penale di quelle parole. Parole che per noi hanno un significato chiaro e sono minacce. Qui parliamo di mafia e personaggi mafiosi che parlano in codice". Ma tutto questo, ha puntualizzato ancora, "non ferma il percorso di Libera. Un impegno che non è di una persona ma di un coordinamento di associazioni che raggruppa migliaia di persone. Continueremo a difendere la libertà e a contrastare ogni forma di violenza, di corruzione e di mafia".

Don Ciotti ha detto di aver saputo delle minacce di Riina "dagli organi di informazione". E ha sottolineato: "Certamente nelle intercettazioni si parla anche di confisca di beni. Sono contento perchè siamo stati noi di Libera a lanciare, nel 1996, una raccolta firme per l'uso sociale di beni sequestrati alla mafia".

Il prete-coraggio ha manifestato tutta la sua "gioia" perché il procedimento di questa mattina si è celebrato nell'aula della Prima Corte d'Assise di Milano, "la stessa aula dove c'e' stata la sentenza per chi ha ucciso Lea Garofalo", la collaboratrice di giustizia sciolta nell'acido dalle cosche della 'ndrangheta attive in Lombardia. "Da quel momento - ha evidenziato il presidente di Libera Ciotti - decine di donne, senza fa rumore, per amore dei figli, stanno rompendo i codici mafiosi e aprendo un grande varco" .
 

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