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Il ricordo / Libertà / Via Giuseppe Pipitone Federico

A 39 anni dalla strage ricordato Rocco Chinnici, il magistrato che parlava ai giovani e inventò il pool

Il 29 luglio 1983 un'autobomba in via Pipitone Federico fece saltare in aria il capo dell'ufficio Istruzione, due uomini della sua scorta e il portiere dello stabile in cui viveva. Con lungimiranza e grazie al lavoro di squadra mise le basi al Maxiprocesso, ma capì anche prima di altri la necessità di sensibilizzare studenti e società civile contro Cosa nostra

Una figura che viene ricordata sempre un po' in sordina, messa in secondo piano rispetto ad altre che, però, senza le sue geniali intuizioni, forse non avrebbero potuto neppure intraprendere certi percorsi. Rocco Chinnici, il giudice ucciso esattamente 39 anni fa sotto la sua casa di via Pipitone Federico, da capo dell'ufficio Istruzione del tribunale di Palermo, in anni estremamente bui e insanguinati, fu l'ideatore di quel pool antimafia che, per la prima volta, riuscì poi a far condannare con il Maxiprocesso boss e picciotti di Cosa nostra.

Fu il primo a capire che occorreva entrare anche nelle banche, che le cosche potevano contare anche sugli agganci con "colletti bianchi" ed insospettabili. Ma fu anche l'uomo che comprese - prima di altri - che il contrasto alla mafia non potesse essere fatto soltanto di repressione: per questo si rivolse ripetutamente e pubblicamente alla società civile ed in particolare ai giovani. Convinto che il rifiuto della droga, per esempio, così come un semplice no di fronte a soprusi ed angherie, potessero essere altrettanto (se non di più) potenti di una retata.

Stamattina Chinnici è stato ricordato nel luogo in cui, con un'autobomba, saltò in aria assieme alla sua scorta, composta dal maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi e dall'appuntato Salvatore Bartolotta, e al portiere dello stabile in cui viveva, Stefano Li Sacchi. Unico sopravvissuto alla strage è Giovanni Paparcuri, oggi - e non a caso - anima del museo allestito nel "bunkerino" del palazzo di giustizia dove lavorò proprio assieme al pool, con i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. "E' un giorno importante - spiega - perché è l'anniversario dell'eccidio, ma per me è stata un'esperienza così sconvolgente che mi accompagna sempre, ogni giorno da 39 anni".

Era presente anche lui, Paparcuri, alla cerimonia che si è tenuta stamattina in via Pipitone Federico - Chinnici fu eliminato mentre attorno alle 8 usciva da casa per andare al lavoro - dove sono state deposte corone di fiori. Successivamente, nella chiesa che si trova all'interno della caserma Dalla Chiesa, è stata celebrata una messa in ricordo della vittime della strage, celebrata dal cappellano militare don Rosario Scibilia. In mattinata anche un seminario, organizzato dalla Fondazione Rocco Chinnici, intitolato "I programmi di finanziamento europei, tra semplificazione amministrativa e rischi di infiltrazione della criminalità" nell'aula magna della Corte d'Appello. Stasera, alle 18, Chinnici sarà poi ricordato anche a Misilmeri, suo paese d'origine, nella piazza che porta il suo nome.

Rocco Chinnici foto Ansa-2

Il magistrato intuì per primo che, per combattere lo strapotere di Cosa nostra, servisse una squadra compatta e preparata, specializzata sul tema, all'interno delle quale circolassero informazioni e spunti investigativi. E da questo lavoro si svilupparono gli accertamenti sui quali furono costruite le fondamenta del Maxiprocesso, quando finalmente venne riconosciuta l'esistenza della mafia, fino ad allora processualmente non provata. I semi delle sue intuizioni, tuttavia, non sono soltanto legati agli aspetti giudiziari, ma anche a quelli culturali e alla necessità di far fiorire una coscienza antimafia. Una consapevolezza da far maturare soprattutto tra i più giovani legata, per esempio, al fatto che l'utilizzo delle droghe non fosse altro che un alimentare il traffico più fiorente dei boss e i loro capitali: "Il rifiuto della droga costituisce l'arma più potente dei giovani contro la mafia", affermò infatti Chinnici. Un modo per far comprendere che il contrasto alla criminalità organizzata passa anche (e forse soprattutto) da piccoli gesti attuati nella vita di ogni giorno, che ognuno nel suo piccolo può fare qualcosa, non delegando sempre tutto a magistrati e forze dell'ordine.

A Chinnici è stata conferita anche la Medaglia d'oro al valore civile: "Magistrato tenacemente impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, consapevole dei rischi cui andava incontro quale capo dell'ufficio Istruzione del tribunale di Palermo, dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la sfida sempre più minacciosa lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificava la sua vita al servizio della giustizia, dello Stato e delle istituzioni", così recita la motivazione.

Alla cerimonia di via Pipitone Federico hanno preso parte, tra gli altri, il presidente della Corte d'Appello, Matteo Frasca, la figlia di Chinnici, Caterina (oggi candidata alla presidenze della Regione), il procuratore generale Lia Sava, il comandante interregionale dei carabinieri "Culqualber", Riccardo Galletta, il comdanante della legione "Sicilia", Rosario Castello, ma anche il sindaco Roberto Lagalla, che ha voluto ricordare proprio la "lungimiranza" del magistrato, il suo ruolo fondamentale nella creazione del pool antimafia, rimarcando che "con il ricordo del suo sacrificio si rinnova l'invito rivolto ai giovani tanto quanto agli amministratori locali a non abbassare mai la guardia nel contrasto alle mafie".

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