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Mafia Mezzojuso

Sfida quotidiana ai boss della campagna: la battaglia delle sorelle Napoli approda all'Ars

La vicenda di Irene, Anna e Gioacchina, titolari di una azienda agricola a Mezzojuso, al confine con Corleone, e vittime di minacce e intimidazioni. Adesso la commissione Antimafia di Palazzo dei Normanni, presieduta da Claudio Fava, vuole vederci chiaro

Una sfida quotidiana ai boss della campagna. Tre sorelle contro la mafia dei pascoli. Approda all'Assemblea regionale siciliana la vicenda di Irene, Anna e Gioacchina Napoli, le tre sorelle titolari di una azienda agricola a Mezzojuso, al confine con Corleone, e vittime di minacce e intimidazioni nei mesi scorsi da parte della mafia dei pascoli. Del loro caso si occuperà, infatti, anche la commissione Antimafia di Palazzo dei Normanni, presieduta da Claudio Fava.  

Il loro caso ha conosciuto anche la ribalta nazionale, approdando nei giorni scorsi a La7, nel salotto di Giletti, dopo un servizio andato in onda a Le Iene. L'audizione delle tre sorelle, la cui storia è stata più volte al centro della trasmissione di La7 'Non è l'Arena', è in programma giovedì prossimo alle 12. 

Novanta ettari di terra che fanno gola alla mafia. Ma le proprietarie, le sorelle Napoli, non hanno intenzione di cedere alle minacce. "Ci ostacolano da 12 anni, da quando è morto nostro padre e non riusciamo più a lavorare", hanno denunciato più volte. Le donne sono vittime di danneggiamenti all’interno della loro azienda agricola. Incursioni ad opera di ignoti. La più "classica"? Le mandrie di bovini "inselvatichiti" lanciate per distruggere grano e frumento. E' un po' quello che succede in Calabria con le "vacche sacre" mandate a pascolare dalla ’ndrangheta per distruggere campi e piantagioni di chi viene così invitato a sloggiare. Vacche sacre perché intoccabili.

Le donne hanno circondato i loro terreni di telecamere e sono riuscite a documentare le invasioni. La loro vita è cambiata il 5 gennaio 2006 quando è morto il padre, con il quale gestivano l’azienda che è di famiglia. Da quel momento i clan pensavano di trovarsi di fronte a una facile preda. Perché la mafia - vedendo le sorelle sole e indifese - aveva deciso acquistare per pochi spiccioli quei terreni coltivati a grano e fieno. Le tre sorelle, insieme a Gina, la madre, però sin dall'inizio hanno rifiutato le "avances" di Cosa nostra. Da allora i clan si sono scatenati. Minacce a gogò, raccolti distrutti, recinzioni spaccate. I mafiosi - nonostante le 28 denunce delle sorelle - hanno fatto perfino uccidere i loro cani, che sono stati ritrovati scuoiati e con la testa dentro un secchio pieno di sangue.

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