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Ville, negozi e terreni: sequestro da 30 milioni al costruttore Pilo, fu accusato da Buscetta

Le indagini patrimoniali a suo carico hanno consentito di ricostruire la carriera professionale dell'uomo schierato nel corso della seconda guerra di mafia degli anni ’80 coi Corleonesi che, risultati "vincenti", scelsero di farsi affiancare anche da costruttori edili per il controllo dell’urbanizzazione selvaggia

Beni per un valore di circa 30 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Palermo a Giovanni Pilo, imprenditore edile palermitano di 83 anni residente a Guidonia Montecelio (Roma) e ritenuto in stretti rapporti con Cosa nostra. Il provvedimento è stato emesso dalla Prima Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su proposta del direttore della Dia, Giuseppe Governale.

Le indagini patrimoniali hanno consentito “di ricostruire la carriera professionale di Giovanni Pilo, schierato, nel corso della seconda guerra di mafia degli anni ’80, dalla parte dei Corleonesi, i quali, risultati ‘vincenti’, scelsero - ricorda la Dia - di farsi affiancare anche da costruttori edili per il controllo dell’urbanizzazione selvaggia ed il conseguente avvio di progetti speculativi ai danni del capoluogo siciliano (cosiddetto sacco di Palermo).

I beni sequestrati, le immagini | VIDEO

L'imprenditore agricolo era anche accusato di avere intrattenuto "degli stretti rapporti intercorsi con Francesco Cinà, esponente mafioso della famiglia di San Lorenzo, a cui aveva dato disponibilità di una villa, all'interno della quale venne ospitato, fra gli altri, l'allora latitante Leoluca Bagarella (secondo quanto riferito dal defunto mafioso Leopoldo Di Trapani), e detenute illegalmente armi e munizioni", dice la Dia.

Inoltre, a seguito delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Salvatore Anselmo, fu rinviato a giudizio nell'ambito del maxi-processo e successivamente condannato a 7 anni di reclusione per partecipazione ad associazione mafiosa. Le indagini patrimoniali, svolte dalla Dia "hanno consentito di ricostruire la carriera professionale di Giovanni Pilo, schierato, nel corso della seconda guerra di mafia degli anni '80, dalla parte dei Corleonesi, i quali, risultati "vincenti", scelsero di farsi affiancare anche da costruttori edili per il controllo dell'urbanizzazione selvaggia ed il conseguente avvio di progetti speculativi ai danni del capoluogo siciliano (cd. sacco di Palermo)".

"Coerentemente con gli obiettivi strategici di politica anticrimine definiti dall'Autorità di Governo, la Dia ha orientato in via prioritaria la sua attività verso l'aggressione di patrimoni illeciti - spiegano gli investigatori - Nei confronti di indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso la performante normativa vigente consente al Direttore della Dia, con potere autonomo, di richiedere al Tribunale l'adozione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. A conferma della pervasività della norma va rappresentato che essa estende la propria efficacia anche a soggetti che, seppure di età avanzata (come in questo caso), siano stati inquisiti o contigui alla criminalità mafiosa". "La pervicacia dell'azione investigativa della Dia si esprime tramite misure prevenzionali patrimoniali che possono applicarsi anche verso gli eredi di indiziati mafiosi deceduti, entro cinque anni dalla data del decesso", spiega la Dia.

L'anziano imprenditore Giovanni Pilo "finanziò le sue iniziative imprenditoriali con capitali illeciti e trasse un vantaggio concorrenziale nello svolgimento della sua attività grazie all'appoggio della mafia, in quanto collettore degli interessi di Cosa nostra nell'ambito delle attività imprenditoriali nel settore delle costruzioni edili ed immobiliari", spiegano gli inquirenti. Ad accusarlo anche numerosi collaboratori: Francesco Onorato, Giovanni Brusca, Angelo Siino, Antonino Avitabile, Giuseppe Marchese, Salvatore Cancemi, Calogero Ganci, Giovan Battista Ferrante, Francesco Paolo Anzelmo.

"Gli accertamenti svolti hanno, inoltre, svelato una netta sperequazione fra i redditi dichiarati da Pilo rispetto agli acquisti effettuati ed agli investimenti sostenuti per l'attività d'impresa. Ciò - dice la Dia - ha indotto il Tribunale della prevenzione a concordare con la Dia sul fatto che i capitali utilizzati fossero di provenienza illecita e a disporre, conseguentemente, il sequestro dei suoi beni e di quelli intestati alla coniuge e al figlio, stimati prudenzialmente in 30 milioni di euro". Si tratta dell'intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di 5 società di capitali con sede in Roma; quote di partecipazione in 2 società di capitali, operanti nel settore immobiliare e delle costruzioni edili; due strutture ricettive alberghiere: una pronta, in Ladispoli (Roma) ed un'altra, in Guidonia Montecelio, ancora in corso di definizione; 38 immobili, alcuni locali commerciali e 4 terreni ubicati fra Palermo, Terrasini, San Vito lo Capo, Roma e Dello (Brescia) ed una grande villa a Mondello oltre a 6 rapporti bancari e 5 polizze vita.

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