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Mafia, "beni intestati a prestanome": sequestro da 3 milioni per Filippo Bisconti

Il provvedimento arriva dopo le indagini patrimoniali dei carabinieri. Il 56enne di Belmonte Mezzagno, secondo quanto accertato, avrebbe effettuato lavori edili con alcuni esponenti di Cosa nostra come Massimo Mulè, Gaetano Lo Presti e Benedetto Capizzi

Sequestrati beni per 3 milioni di euro a Filippo Bisconti. Le indagini dei carabinieri, che hanno portato alla firma del provvedimento da parte del tribunale, sono servite ad accertare l’impero che il 56enne di Belmonte Mezzagno aveva costruito grazie all’intestazione fittizia di beni. Bisconti, colpito dall’operazione antimafia "Perseo" e "Jafar" (e attualmente libero), è stato ritenuto responsabile, in qualità di esponente della famiglia mafiosa locale, per aver portato avanti affari illeciti con l’obiettivo di "ristrutturare" l’organizzazione di Cosa nostra.

Secondo quanto ricostruito dai militari Bisconti, 56 anni, oltre ad aver gestito lavori edili con esponenti mafiosi del calibro di Massimo Mulè, Gaetano Lo Presti e Benedetto Capizzi, avrebbe cercato di concretizzare il disegno mafioso dello stesso Capizzi. Le indagini patrimoniali furono avviate dopo l’operazione antimafia e portarono al sequestro di beni per altri 3 milioni di euro. Nel mirino la società "Rosa edil srl”, l’intero capitale sociale con relativi beni della società “Valentino costruzioni srl”, 4 rapporti bancari, un appartamento nel capoluogo e un automezzo.

Il provvedimento di oggi, firmato del presidente della Sezione misure di prevenzione Giacomo Montalbano, arriva dopo attività investigative che hanno consentito di appurare l’intestazione fittizia di beni costituiti dall’intero capitale sociale della "Tava srl", comprensivo di una quota pari al 50% della società "Savuko scarl" e un appartamento.

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