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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Una donna al comando: le mani della mafia sulla sala bingo della Guadagna

I retroscena dell'operazione "Bingo family" dei carabinieri. Tre arresti, in manette Paola Durante, considerata l'"agente delle tasse", e i fratelli Giorgio e Cosimo Vernengo

La mafia con la gonna. La cassa del clan alla Guadagna la teneva una donna, Paola Durante, 41 anni. E' uno dei retroscena che emerge nelle pieghe dell'operazione "Bingo family", condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale, e che oggi ha portato all'arresto di tre persone per estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dei responsabili di una sala bingo nel quartiere Guadagna, storica enclave mafiosa. Tra i destinatari della misura cautelare, anche una donna, dunque. Oltre a Paola Durante sono stati arrestati Cosimo Vernengo, 52 anni, della cosca di Santa Maria di Gesù, già condannato per associazione mafiosa, scarcerato il 27 ottobre 2011 a seguito della richiesta di revisione del processo per la strage di via d'Amelio; e il fratello Giorgio, 41 anni. Figli entrambi dell'ergastolano Pietro Vernengo, 73 anni, detto 'u tistuni', storico uomo d'onore, esponente dell'ala corleonese di Cosa nostra. 

Nella stessa indagine sono stati acquisiti elementi, tuttora all'esame degli inquirenti, anche nei confronti dei detenuti Natale Giuseppe Gambino, 58 anni, sottocapo della cosca di Santa Maria di Gesù, Salvatore Profeta, 71 anni, al vertice del clan, entrambi già colpiti dai provvedimenti restrittivi eseguiti dal Ros nel dicembre 2015 nell'ambito dell'operazione "Torre Dei diavoli" e, come Cosimo Vernengo, scarcerati a seguito della richiesta di revisione del processo per la strage Borsellino.

Le indagini già avviate sulla famiglia di Santa Maria di Gesù, di cui è stato accertato il processo di riorganizzazione interna e la capacità militare culminata il 3 ottobre scorso nell'omicidio di Salvatore Sciacchitano, hanno consentito di documentare l'estorsione ai titolari della sala bingo, sia durante la precedente gestione, terminata nel luglio 2015, sia al subentro della nuova proprietà. In particolare, oltre ad avere gestito la messa a posto con la precedente amministrazione del bingo, Profeta e Gambino avevano manifestato l'intenzione di imporre ancora le richieste estorsive alla società acquirente.

I successivi approfondimenti investigativi hanno permesso di appurare che gli indagati avevano preteso un pagamento illecito di 50 mila euro, di cui oltre 6 mila già corrisposti, per lasciare il bar interno alla struttura che illegittimamente rivendicavano come proprio. Le somme di denaro estorte erano consegnate dalle vittime a Paola Durante, in precedenza responsabile per conto dei Vernengo della gestione del bar interno al bingo, a fronte della presentazione di fatture emesse da due società per forniture e servizi mai effettuati. Per questa ragione sono al vaglio dell'autorità giudiziaria le posizioni dei due legali rappresentanti delle società che hanno emesso le fatture. Cosimo Vernengo è anche accusato di aver costretto i responsabili della società ad assumere la nipote di Profeta.

(nelle foto da sinistra a destra Cosimo Vernengo e Giorgio Vernengo)
 

 

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