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Mafia Tommaso Natale

"Detenuto in celle piccole, fredde e senz'acqua": lo Stato dovrà risarcire il boss Giulio Caporrimo

Il mafioso di Tommaso Natale aveva fatto ricorso contro le condizioni "inumane e degradanti" durante la reclusione a Pagliarelli, Spoleto e Rebibbia. I giudici gli hanno dato ragione, concedendogli uno sconto di pena di 160 giorni e 64 euro. La Cassazione ha confermato la decisione, ma ha disposto un nuovo giudizio solo per i 12 giorni trascorsi a Roma

Celle piccole, senza acqua e senza riscaldamento. E' questo che sarebbe toccato al boss di Tommaso Natale Giulio Caporrimo (nella foto), recluso in diversi penitenziari tra Roma, Spoleto e Palermo, in condizioni tali da offendere la sua dignità umana. Ed è per questo che la Cassazione ha condannato il ministero della Giustizia a risarcire il mafioso, disponendo un nuovo giudizio davanti al tribunale di Soverglianza di Perugia solanto per quanto attiene a 12 giorni trascorsi nel carcere di Rebibbia, nella Capitale.

Nello specifico, la prima sezione della Suprema Corte, presieduta da Adriano Iasillo, ha rigettato in buona parte il ricorso del ministero contro la decisione adottata il 4 marzo dell'anno scorso proprio dal tribunale di Sorveglianza di Perugia, che - per "le condizioni inumane e degradanti della detenzione" - aveva concesso al mafioso una riduzione della pena di 160 giorni e aveva liquidato anche 64 euro. Questo ristoro adesso dovrà essere in parte rivalutato al ribasso perché, ad avviso della Cassazione, i giudici non avrebbero valutato correttamente il trattamento ricevuto a Rebibbia. Per il resto, però, ha ragione Caporrimo.

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Era stato proprio Caporrimo a rivolgersi al magistrato di Sorveglianza per denunciare che sarebbe stato recluso in celle piccole e che avrebbe patito sia la mancanza d'acqua che quella di riscaldamento nei vari isituti di pena in cui era stato detenuto fino a quel momento. Il suo ricorso era stato accolto e, nuovamente impugnato davanti al tribunale di Sorveglianza di Perugia, confermato con un ristoro superiore a quello inizialmente previsto.

Giulio Caporrimo-2Il provvedimento è stato quindi impugnato in Cassazione dal ministero della Giustizia, secondo il quale i giudici avrebbero commesso una serie di errori di valutazione. In particolare, per quanto riguarda la detenzione a Rebibbia, dove la camera di pernottamento assegnata a Caporrimo sarebbe stata tra i 3 e 4 metri quadrati, ma non si sarebbe tenuto in considerazione che il boss vi era rimasto recluso soltanto 12 giorni. La mancanza d'acqua lamentata durante la detenzione a Spoleto, inoltre, sarebbe stata "meramente transitoria e lo spazio in cella adeguato", mentre l'assenza di riscaldamento a Pagliarelli sarebbe stata da "ascrivere a cause di forza maggiore". Quindi, per il ministero, non vi sarebbe stato alcun trattamento inumano o degradante.

La Cassazione, nella sua decisione, rimarca che in questi casi va valutato se complessivamente viene "oltrepassata la soglia sotto la quale si determina l'irrimediabile offesa della dignità umana", considerando anche eventuali bilanciamenti, ovvero provvedimenti adottati dall'amministrazione penitenziaria per mitigare alcuni aspetti legati al poco spazio, per esempio. Secondo i giudici, mentre per quanto avvenuto a Spoleto e Pagliarelli è corretto risarcire il boss, la situazione di Rebibbia va effettivamente rivalutata, come chiesto dal ministero.

Per la Suprema Corte, infatti, il tribunale di Sorveglianza di Perugia "nello stimare la superficie utile a disposizione del detenuto in misura compresa tra i 3 e i 4 metri quadrati ha effettivamente omesso di valutare adeguatamente l'offerta detentiva e il trattamento globale, in rapporto alla brevità del periodo di carcerazione", durato appunto 12 giorni. Ed è limitatamente a questo aspetto che il ricorso del ministero è stato accolto e che si dovrà celebrare un nuovo giudizio. Per il resto la decisione diventa definitiva, quindi Caporrimo avrà comunque diritto ad un ristoro.
 

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