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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Mafia

Riina: "Cassaforte di Dalla Chiesa fu svuotata e Papa Wojtyla era un carabiniere"

Gli inquirenti hanno riportato il contenuto di alcune affermazioni del Capo dei Capi carpite nel corso delle lunghe passeggiate col fedelissimo compagno d'ora d'aria, il pugliese Alberto Lorusso, nel carcere milanese di Opera

Dopo 32 anni si torna a parlare della cassaforte di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Tutto "merito" di Totò Riina che ha dedicato ampio spazio al prefetto di Palermo (ucciso dalla mafia proprio il 3 settembre 1982) nel corso delle lunghe passeggiate col fedelissimo compagno d'ora d'aria, il pugliese Alberto Lorusso. La cassaforte fu trovata vuota nella residenza di Villa Pajno, subito dopo l'uccisione di Dalla Chiesa, crivellato in via Isidoro Carini insieme alla moglie e all'autista da un commando armato di kalashnikov.

Gli inquirenti hanno riportato il contenuto di alcune affermazioni del Capo dei Capi. Nelle parole di Riina - scovate nelle intercettazioni nel carcere milanese di Opera - ci sono pesanti invettive nei confronti del prefetto: "Lui gli sembrava che veniva a trovare qua i terroristi. Gli ho detto: qua il culo glielo facciamo a cappello di prete. Questo Dalla Chiesa ci sono andati a trovarlo e gli hanno aperto la cassaforte e gli hanno tolto la chiave. I documenti dalla cassaforte e glieli hanno fottuti. Minchia il figlio faceva ... il folle. Perché dice c'erano cose scritte", spiega il capomafia alludendo alle numerose denunce che Nando Dalla Chiesa, figlio del prefetto, fece proprio sulla scomparsa di documenti dall'abitazione del padre.

A un certo punto Lorusso ha chiesto a Dalla Chiesa: "Ma pure a Dalla Chiesa gli hanno portato i documenti dalla cassaforte?". "Si', sì. Loro... quando fu di questo ... di Dalla Chiesa ... gliel'hanno fatta, minchia, gliel'hanno aperta, gliel'hanno aperta la cassaforte ... tutte cose gli hanno preso".

PAPA WOJTYLA - Parla, parla e straparla. Dopo una vita di silenzi Totò Riina non si ferma più. Viene bersagliato anche Giovanni Paolo II. E' quello che emerge da altre intercettazioni - venute alla luce ora - che risalgono al 14 novembre dell’anno scorso. Riina ha ricordato con rabbia lo storico anatema lanciato contro Cosa Nostra il 9 maggio 1993, nella cornice agrigentina della Valle dei Templi: “Non sei un Papa, tu sei un disgraziato, tu sei un prepotente, uno scellerato, cattivo, cattivo proprio, era un carabiniere”. E ancora: "Ha esortato i mafiosi a pentirsi. I mafiosi sono gente educata, rispettosa, quindi era giusto che il Papa la smettesse di interessarsi di queste stravanganterie". Insomma il Papa non avrebbe dovuto presentarsi ad Agrigento. E Karol avrebbe anche rischiato molto.

Il padrino di Corleone parla e come al solito Alberto Lorusso ascolta. E se Papa Francesco “questo buono è, questo Papa è troppo bravo”, quando parla di Papa Wojtyla, Riina  arriva perfino ad immaginare di “sperimentare un’altra invenzione” ovvero una strage.

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