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Mafia Corleone

Quella notte di 69 anni fa: Placido Rizzotto sequestrato e massacrato a sangue

Era il 10 marzo del 1948 quando il sindacalista fu circondato in strada a Corleone, caricato a forza sulla 1100 di Luciano Liggio, pestato in una fattoria e gettato in una foiba

“Vogliamo mantenere alta la bandiera di nostri dirigenti come Placido Rizzotto perché dobbiamo vincere la battaglia per i diritti del lavoro”. A parlare è il segretario della Cgil Palermo Enzo Campo, ricordando a piazza Garibaldi, a Corleone, davanti al busto che lo ritrae, la figura di Placido Rizzotto, ucciso dalla mafia il 10 marzo di 69 anni fa.

Alle 9 è stata deposta una corona di fiori nella cappella al cimitero dove si trovano i resti del sindacalista, dopo le esequie di Stato celebrate nel 2012. Alle 10 l'appuntamento in piazza Garibaldi, dove si trova il busto di Rizzotto, con gli alunni delle scuole elementari, medie e del liceo di Corleone, che hanno letto testi e poesie e presentato i loro lavori e disegni. Ha portato il saluto il commissario straordinario del Comune sciolto per mafia Maria Cacciola: “Rizzotto – ha detto - è una splendida figura a cui tutti noi che vogliamo la legalità guardiamo con ammirazione e rispetto”. Un anniversario che, nel ricordo delle battaglie di Rizzotto a favore del movimento contadino per l'occupazione delle terre e la rivendicazione dei diritti, cade quest'anno nel mezzo della campagna elettorale per i Referendum sul Lavoro della Cgil. Una campagna che vede il sindacato impegnato in tutt'Italia nella sfida per i diritti e per ridare valore al lavoro. 

La sera del 10 marzo 1948 fu l’ultima sera per Placido Rizzotto, sindacalista socialista, 34 anni. L’incarico di “chiudere” la partita, don Michele Navarra lo diede al suo uomo di fiducia, a quel Luciano Liggio, che, con la sua ferocia, incuteva paura agli stessi picciotti. Il compito di attirarlo in trappola fu affidato a Pasquale Criscione, gabelloto del feudo Drago, che del sindacalista era vicino di casa. Infatti, quella sera di marzo, Criscione si avvicinò a Rizzotto, che stava in compagnia di Ludovico Benigno, suo amico e compagno di partito, trovando un pretesto per attaccare discorso.

Insieme, accompagnarono Benigno nella sua casa al Ponte Nuovo, poi scesero per via Bentivegna a fare due passi. Fino all’altezza di via San Leonardo. Qui fu sequestrato dal gruppo comandato da Liggio. Lo circondarono in strada a Corleone, lo caricarono a forza sulla 1.100 di Liggio, lo portarono in una fattoria di contrada Malvello, lo picchiarono a sangue e gli fracassarono il cranio. Poi buttarono il suo corpo in una foiba di Rocca Busambra.

Nessuno avrebbe mai più saputo niente di Rizzotto, se, nell’estate del ’49, a Corleone non fosse arrivato un giovane capitano dei carabinieri, che assunse il comando delle squadriglie antibanditismo. Si chiamava Carlo Alberto Dalla Chiesa e, come Rizzotto, aveva fatto il partigiano. Il 24 maggio del 2012, dopo il ritrovamento dei resti di Rizzotto a Rocca Busambra, si sono svolti i funerali di Stato nella Chiesa Madre alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

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