rotate-mobile
Mafia

Al via Qatar 2022, quando Pippo Calò spense la tv dell'ospedale: "Qua mondiali non ve ne vedete"

Il retroscena raccontato da un poliziotto risale all'estate del 1990, in Italia c'è la competizione iridata e il boss mafioso - l'ex cassiere di Cosa nostra - è ricoverato nel reparto speciale per i detenuti del Civico

"Qui dentro non se ne vede televisione, neppure per i Mondiali". E' l'estate del 1990, in Italia ci sono i Mondiali di calcio - il clima è ben diverso da quello di adesso, con Qatar 2022 che prenderà il via domani (in pieno autunno) - e il boss mafioso Pippo Calò, l'ex cassiere di Cosa nostra, è ricoverato nel reparto speciale per i detenuti dell'ospedale Civico di Palermo. Altri detenuti ricoverati chiedono di avere una televisione nel reparto per potere vedere le partite di Italia '90. Così viene mandata una tv da sistemare nel reparto. 

"Siamo andati nel reparto speciale e abbiamo consegnato il televisore all'agente di guardia che lo ha posizionato in un determinato posto, ma all'improvviso uscì Pippo Calò, che era in vestaglia, spinse la tv lontano e disse: 'Qui dentro televisore non se ne vede'. E così non se ne fece nulla". A raccontare l'aneddoto riportato dall'Adnkronos negli scorsi mesi, è stato un poliziotto, da poco in pensione, Vincenzo Militello, che prestava servizio alla Dia, nel corso del processo sul depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio davanti al Tribunale di Caltanissetta.

Giuseppe Calò - che oggi ha 91 anni - era considerato il cassiere di Cosa nostra perché era coinvolto nella gestione finanziaria dell'organizzazione, soprattutto nel riciclaggio di denaro. All'età di 23 anni venne affiliato nella cosca mafiosa di Porta Nuova dal suo associato Tommaso Buscetta e iniziò numerose attività in imprese legali come rappresentante di tessuti a Palermo, aprì un bar e si occupò di una pompa di benzina.

Calò - la cui figura ha ispirato il personaggio di Zio Carlo nel libro "Romanzo criminale" - ha avuto due figli, da uno di questi è nato il criminale italiano associato a Cosa nostra Leonardo Calò, condannato per riciclaggio, pluriomicidio, occultamento di cadaveri e sequestro di persona. Famoso il confronto tra Calò e il pentito Buscetta, il momento più caldo del Maxiprocesso, datato il 10 aprile 1986, quando i due boss si trovano faccia a faccia, ad accusarsi reciprocamente dei delitti più efferati.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Al via Qatar 2022, quando Pippo Calò spense la tv dell'ospedale: "Qua mondiali non ve ne vedete"

PalermoToday è in caricamento