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Mafia Brancaccio

"Si è dissociato ma non collabora coi magistrati": no al permesso premio per il boss Filippo Graviano

La decisione della Cassazione conferma la bocciatura già operata a febbraio scorso dal tribunale di Sorveglianza dell'Aquila. Per i giudici non bastano la corretta condotta carceraria ed il proficuo percorso scolastico: "Ha mantenuto contatti con parenti inseriti in logiche associative e non ha preso distanza dai gravissimi reati commessi"

No al permesso premio per il boss stragista di Brancaccio Filippo Graviano, detenuto da anni al 41 bis e condannato all'ergastolo. A rigettare l'istanza del mafioso è stata la prima sezione della Cassazione, che ha confermato la correttezza dell'operato del tribunale di Sorveglianza dell'Aquila, che a febbraio aveva già bocciato la stessa richiesta, ritenendo, tra l'altro, che "il detenuto aveva sottoscritto una dichiarazione di dissociazione, cui non aveva fatto seguito una collaborazione con gli inquirenti", ma anche che "aveva mantenuto i rapporti con i famigliari, tra i quali vi erano anche soggetti pure coinvolti in logiche associative".

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Come sancito dal verdetto della Suprema Corte non bastano dunque "la regolare condotta carceraria e il percorso scolastico sino al conseguimento con il massimo dei voti della laurea magistrale" e neppure la dissociazione che aveva portato Graviano ad "accettare - come ha sottolineato l'avvocato del boss - il confronto con il pentito Gaspare Spatuzza" per poter lasciare la cella, anche solo per poche ore.

Come rimarcano i giudici "l'istituto dei permessi premio costituisce elemento del trattamento penitenziario e quindi va riconosciuto previa valutazione dell'andamento complessivo del percorso riabilitativo e, dunque, se risulta, in relazione ai progressi compiuti e alle prospettive, idoneo a contribuire al conseguimento dell'obiettivo rieducativo". Ma nel caso di Filippo Graviano, come si legge nella sentenza, il tribunale di Sorveglianza "ha dato conto della valutazione negativa compiuta, giustificandola con motivazione in questa sede non censurabile".

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Infatti "la considerazione dei gravissimi reati commessi è stata unita al rilievo che non ne era seguita una effettiva presa di distanza ed anzi erano stati mantenuti i contatti con i famigliari pure già coinvolti nel medesimo contesto di criminalità organizzata". Elementi che "non hanno consentito di valorizzare la pur regolare condotta carceraria e il percorso scolastico". Da qui il no al permesso premio.

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