Pizzo e corse truccate all'ippodromo, confermate 23 condanne contro il clan di San Lorenzo
I giudici della Corte d'Appello hanno concesso solo piccoli sconti a 9 degli imputati nel processo nato dall'operazione "Talea" del 2017. La sentenza è stata ribaltata per una sola persona che aveva però avuto una pena molto lieve e ora è stata scagionata. Reggono anche 8 delle assoluzioni già riconosciute in primo grado con il rito abbreviato
Sono stati concessi piccoli sconti di pena, ma al termine del processo d'appello nato dal blitz "Talea" contro il clan di San Lorenzo del dicembre 2017 restano in piedi le 23 condanne e anche 8 delle assoluzioni (che erano state impugnate dalla Procura) emesse in primo grado dal gup Filippo Lo Presti, il 31 maggio del 2019 con il rito abbreviato. Il verdetto è stato ribaltato soltanto per uno degli imputati, Ahmed Glaoui, che era stato condannato a 4 mesi e che ora è stato assolto.
L'inchiesta dei carabinieri, coordinata allora dai pm Amelia Luise e Annamaria Picozzi (oggi aggiunto), aveva consentito di ricostruire l'organigramma di una delle famiglie mafiose più potenti della città e anche di scoprire una lunga serie di estorsioni. Erano emerse, inoltre, le infiltrazioni mafiose all'interno dell'ippodromo e per la società che allora lo gestiva scattò un'interdittiva, che ha poi costretto alla chiusura l'impianto fino ad oggi. L'anno successivo venne messo a segno un secondo filone dell'indagine, "Talea 2", di cui uno stralcio in ordinario, in cui erano imputati due presunti estorsori del ristorante "La Braciera", è andato a sentenza ieri.
La prima sezione della Corte d'Appello, presieduta da Adriana Piras (consiglieri Mario Conte e Luisa Anna Cattina), ha prima di tutto accolto le tesi degli avvocati Giuseppe Farina e Vincenzo Giambruno ed ha ribaltato la sentenza per Ahmed Glauoi, che era stato condannato a 4 mesi e che ora è stato del tutto scagionato. I giudici hanno poi respinto i ricorsi del pg e confermato 8 assoluzioni già sancite con la prima sentenza. Scagionati così Fabio Schiera (difeso dagli avvocati Filippo De Luca e Dafne Trumino, per il quale erano stati invocati invece quasi 10 anni di carcere), Francesco Di Noto, Antonino La Barbera, Vincenzo Maranzano, Concetta e Rita Niosi, Giuseppe Sgroi e Giuseppe Tarantino.
I giudici hanno poi concesso delle lievi riduzioni di pena a 9 imputati. La condanna di Salvatore Ariolo è così passata da 8 anni e 8 mesi a 5 anni (per lui è caduta l'accusa più grave, cioè quella di associazione mafiosa, l'imputato è difeso dagli avvocati Rosanna Vella e Raffaele Bonsignore), quella di Giuseppe Biondino (figlio di Salvatore, l'autista di Totò Riina), da 9 anni e 4 mesi a 9 anni e 2 mesi, quella di Ignazio Calderone da 5 anni e 4 mesi a 4 anni, quella di Stefano Casella da 3 anni e 4 mesi a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni. Gianluca Galluzzo è stato condannato a un anno pena sospesa (gli era stato inflitto un anno e 4 mesi), Domenico Mammi ha avuto 7 anni e mezzo (al posto di 8 anni e 4 mesi, si era pentito in seguito a questa inchiesta), Giovanni Manitta 3 anni, 6 mesi e 20 giorni (al posto di 3 anni e 8 mesi), Antonino Tumminia 2 anni, 2 mesi e 20 giorni (3 anni e 4 mesi) e Massimiliano Vattiato 8 anni e 2 mesi (al posto di 8 anni e 4 mesi).
Per altri due imputati, Sergio Macaluso (che aveva deciso di collaborare come Mammi proprio dopo questa inchiesta, sono difesi dagli avvocati Gloria Lupo e Valeria Maffei) e Sergio Napolitano, la pena è stata aumentata per via della continuazione con altre condanne: il primo ha così rimediato 11 anni, 5 mesi e 10 giorni (al posto di 10 anni) e il secondo 12 anni, 8 mesi e 20 giorni (al posto di 10 anni e 2 mesi). Aumentata anche la condanna di Pietro Salamone, che passa da 8 a 10 anni di reclusione.
Per il resto, la Corte d'Appello ha integralmente confermato altre 11 condanne, a cominciare da quella a 4 anni di carcere per Mariangela Di Trapani, moglie del superkiller Salvino Madonia, nonché figlia e sorella dei capimafia Francesco e Nicola Di Trapani. Confermate anche le condanne per Filippo Bonanno (9 anni e 4 mesi), Antonino Catanzaro (2 anni e 8 mesi), Lorenzo Crivello (8 anni e 8 mesi), Francesco Paolo Liga (10 anni e 8 mesi), Salvatore Lo Cricchio (8 anni), Francesco Lo Iacono (2 anni e 8 mesi), Bartolomeo Mancuso (4 mesi), Giovanni Niosi (10 anni, proprio ieri è stato condannato a 7 anni per il pizzo che avrebbe imposto a "La Braciera"), Pietro Salsiera (14 anni) e Corrado Spataro (11 anni e 8 mesi).
Nel processo si erano costituiti parte civile diversi imprenditori taglieggiati e anche alcune associazioni antiracket, tra cui il Centro Pio La Torre (rappresentato dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro), Addipizzo, Sicindustria, Solidaria e Sos Impresa, che gli imputati dovranno risarcire.