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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

Mafia, lo “Zio Nino” metteva tutti d’accordo: “Tra noi non ci sono problemi”

I retroscena e le intercettazioni degli ultimi quattro arresti dell'operazione Alexander. Ciresi era il braccio destro del boss D'Ambrogio. Ferro invece gestiva il traffico di droga su gran parte del territorio cittadino e aveva rapporti con la camorra

I quattro nuovi arrestati per mafia nell’appendice dell’operazione Alexander secondo gli investigatori non sarebbero altro che gli “alfieri” del boss Alessandro D'Ambrogio, considerato il capo del mandamento di Porta Nuova. In particolare Antonino Ciresi - che tutti chiamavano "lo Zio" – sarebbe il braccio destro, oltre che il reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. Oltre a partecipare ai principali incontri con esponenti mafiosi di altri mandamenti, insieme ad Antonino Seranella, si occupava della riscossione dei proventi delle estorsioni e del mantenimento delle famiglie degli affiliati. (GUARDA IL VIDEO)

Ciresi si impegnava in prima persona per dirimere le controversie che potevano sorgere tra gli affiliati, Zio Nino: “... non ci sono problemi fra di noi / Zio Nino: “... giusto è Gianni? dico tra la gente come noi altri” / Giovanni: “... si accavallano le voci ... tra tutti quelli come noi altri problemi non ce n’è giusto?”. Altrettanto chiara risultava la titolarità di Ciresi dell’azienda di macellazione e distribuzione di carni denominata Ovinsicula, sequestrata nell’ambito dell’operazione Alexander, titolarità che lo stesso esercitava anche dal carcere con l’aiuto del figlio (Zio Nino: “... : “... poi un’altra cosa, gli dici a –omissis- e a tutti... nei conti e nei discorsi voglio assistere io me l’ha detto mio padre, tutta la fiducia ce l’hai sempre tu –omissis- però mio padre vuole che io le cose li devo sapere ... omissis ... mio padre dichiarazioni non ne ha fatto, perciò lui quando viene chiamato ma quali soci... veniva a leggersi il giornale, ogni tanto vendeva qualche vitello...”).

Vincenzo Ferro invece sarebbe affiliato al mandamento di Brancaccio, e più precisamente alla famiglia di Corso dei Mille, e aveva costanti rapporti con D’Ambrogio con il quale condivideva la gestione (importazione e successiva distribuzione) degli stupefacenti su gran parte del territorio cittadino ed in alcune province dell’Isola. I suoi contatti con esponenti della criminalità organizzata partenopea facevano sì che il boss si fidasse ciecamente di lui tanto da affidargli settimanalmente ingenti somme di denaro da investire nel mercato degli stupefacenti. Dalle indagini emerge chiaramente che nell’attività illecita, oltre ai mandamenti di Porta Nuova e Brancaccio, erano coinvolti anche i mandamenti di Pagliarelli e Uditore (Renzo: “... gli dice a questi del ... Pagliarelli ... inc. ... gli dici che per 50 grammi ... inc. ... gli dici non lo cercate più a questo” / Renzo: “... Alessandro! e gli dici pure che a me non me ne devono domandare più. soprattutto questi del Pagliarelli e questi dell’Uditore”.
 
Altro personaggio sicuramente importante nella gestione del traffico degli stupefacenti era Gaspare Dardo, noto come lo Zio Asparino. Destinatario del provvedimento con l’accusa di traffico di sostanze stupefacenti, giocava un ruolo importante nell’acquisto di grossi quantitativi di stupefacente e riusciva a mettere in contatto il gruppo dei palermitani con quello dei Mazaresi. Dall’alleanza tra i due gruppi nasceva l’esigenza di creare un canale diretto per l’approvvigionamento di cocaina e hashish, affrancandosi quindi dal classico canale Napoletano (per abbattere i costi di intermediazione e aumentare i ricavi).

Infine il provvedimento restrittivo ha colpito anche Ciro Napolitano, campano di origine che, oltre ad aver messo in contatto Biagio Seranella con i fornitori napoletani, faceva giungere a Palermo svariati chilogrammi di cocaina. Infatti, nel mese di dicembre dello scorso anno è stato fermato un corriere, legato al Napolitano e proveniente da Napoli, con 3 chili di sostanza stupefacente. Lo stesso Napolitano, nel mese di febbraio 2013, è stato fermato al porto di Palermo di ritorno a Napoli con un chilo e mezzo di cocaina, residuo di una partita giunta precedentemente in città e non ritenuta di ottima qualità.

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