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Giovedì, 25 Aprile 2024
Mafia Zisa

L'omicidio del boss Di Giacomo e l'intercettazione che non c'è, ma il presunto killer resta in cella

Il Riesame ha confermato il carcere per Onofrio "Tony" Lipari, arrestato il 27 febbraio perché avrebbe ucciso il mafioso a marzo del 2014. La difesa ha però scoperto che la frase che incastrava l'indagato ("a quello l'ammazzò Tony") pronunciata da suo fratello non sarebbe mai stata detta. Tesi confermata anche da una consulenza della Procura

Resta in cella Onofrio "Tony" Lipari, arrestato il 27 febbraio con l'accusa di essere il killer del boss Giuseppe Di Giacomo, eliminato a colpi di pistola in via Eugenio l'Emiro, alla Zisa, ormai 9 anni fa, il 12 marzo del 2014. Lo ha deciso il tribunale del Riesame. Ma - e non è un dettaglio di poco conto - la frase intercettata che incastrerebbe l'indagato in realtà non è mai stata pronunciata. Lo ha scoperto la difesa di Lipari con una consulenza, ma lo ha confermato anche la Procura con un suo accertamento.

"A quello l'ammazzò Tony", così il presunto killer è stato tradito dal fratello

"A quello l'ammazzò Tony, u capisti ca l'ammazzò Tony?!", così - secondo l'accusa - avrebbe detto il 3 ottobre del 2021 il fratello di Lipari, Salvatore, parlando con la moglie per spiegarle perché la relazione tra il figlio del boss ucciso e una nipote dell'indagato fosse "un campo minato", come sosteneva in una conversazione precedente il padre di "Tony" Lipari, Vittorio. Dalle verifiche compiute su sollecitazione degli avvocati ora viene fuori che Salvatore Lipari non ha mai pronunciato quella frase, che non c'è nelle registrazioni, anche se però è stata trascritta. 

L'omicidio del boss raccontato dal figlio di 8 anni

Non si conoscono le motivazioni della decisione del Riesame che ha comunque confermato il carcere per Lipari. Lui stesso, peraltro, durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip Filippo Serio, si era difeso respingendo le accuse, sostenendo che non avrebbe mai potuto ammazzare Di Giacomo perché per lui "era come un padre".

Nell'indagine dei carabinieri, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gaspare Spedale, ci sono altri elementi contro Lipari che a febbraio era stato arrestato per l'omicidio appena tornato libero dopo aver scontato una condanna per mafia a 12 anni e 8 mesi. Secondo il pentito Alessio Puccio, per esempio, Giuseppe Di Giacomo (che aveva assunto la reggenza del mandamento di Porta Nuova) era diventato "troppo assoluto", cioè troppo autoritario, tanto che in un diverbio sarebbe arrivato a dare uno schiaffo a Tommaso Lo Presti "il pacchione", indagato anche lui per l'omicidio di via Eugenio l'Emiro.

Omicidio in via l'Emiro: ucciso il boss Giuseppe Di Giacomo

Puccio, nel 2021, ha riferito agli inquirenti di aver appreso da Fabio Pispicia, cognato di Lo Presti e fratello di Salvatore Pispicia, esponente di spicco del clan, che aveva incontrato in carcere "dopo un'udienza", che l'omicidio sarebbe stato deciso proprio da Lo Presti ed eseguito da Onofrio Lipari. La difesa su questo punto ha però sostenuto che nel frangente in cui il collaboratore di giustizia sostiene di aver parlato con Pispicia questi non avrebbe avuto alcuna udienza.

In un'altra conversazione intercettata, del primo marzo 2021, due persone discutono per strada. Una dice: "A Tony altri due anni ci vogliono per uscire, u Lipari" e l'altra risponde: "Ho capito, quello che ha ammazzato a Giuseppe". Frasi che indicherebbero quindi sempre Lipari come autore del delitto. 
 

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