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Martedì, 16 Aprile 2024
Mafia Politeama

Un'aiuola e una scultura per ricordare l'avvocato Enzo Fragalà a 12 anni dalla sua uccisione

Sabato 26, in occasione del triste anniversario dell'omicidio, in una piccola area vicino al palazzo di giustizia si terrà una cerimonia per l'intitolazione. Per l'omicidio, avvenuto in via Turrisi a febbraio del 2010, è in corso il processo d'appello. In primo grado ne è stata sancita la matrice mafiosa

Una aiuola e una scultura, a pochi passi dal palazzo di giustizia, per ricordare l'avvocato Enzo Fragalà, barbaramente assassinato a febbraio del 2010. La cerimonia di intitolazione si terrà peraltro prorio nel giorno in cui ricorrerà il dodicesimo anniversario della morte del penalista, cioè sabato 26 febbraio, alle 12.

Alla manifestazione prenderanno parte la famiglia Fragalà, ma anche rappresentanti del Comune, del Consiglio dell'ordine degli avvocati, della Camera penale e della magistratura. Alle 10, lo stesso giorno, si terrà invece la consueta messa nella chiesa di San Francesco di Paola.

Il via libera all'intitolazione dell'aiuola spartitraffico, che si trova di fronte a Porta Carini, alla fine di via Volturno, era arrivato a luglio dell'anno scorso, con l'ok anche della commissione Toponomastica. Sabato mattina sarà inaugurata anche una scultura, raffigurante le pagine di un libro, con il nome di Enzo Fragalà e alcune frasi.

L'avvocato, tra i più noti a Palermo, anche perché nel tempo aveva ricoperto cariche politiche a livello nazionale e comunale, era stato aggredito a bastonate la sera del 23 febbraio del 2010 proprio sotto al suo studio, in via Turrisi. In quel punto qualche anno fa, per volontà della famiglia, è stata sistemata una targa. Fragalà non sopravvisse alle gravi ferite riportate nel pestaggio e morì tre giorni dopo in ospedale. 

Fare chiarezza sul delitto è stato un percorso davvero travagliato, anche per le molteplici attività svolte dalla vittima. Inizialmente, sulla scorta delle dichiarazioni della pentita Monica Vitale, si era battuta persino la pista passionale. Che fu tuttavia scartata, grazie alle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia e al lavoro dei carabinieri che ritrovarono intercettazioni in cui si faceva riferimento a "un legno" da utilizzare, captate nell'ambito di un'altra inchiesta. E' così che nel 2017 scattarono degli arresti


Dopo varie peripezie giudiziarie, il 23 marzo del 2020 - ovvero a dieci anni dai fatti - la Corte d'Assise presieduta da Sergio Gulotta emise la sentenza di primo grado, sancendo che il delitto fosse di natura mafiosa: l'avvocato sarebbe stato punito perché era "uno sbirro", cioè spesso spingeva i suoi clienti a collaborare con i magistrati, e in modo da dare una lezione e un monito a tutta l'avvocatura palermitana.

Furono condannati in quattro: 30 anni ad Antonino Abbate, 24 anni a Francesco Arcuri, 22 anni a Salvatore Ingrassia e 14 anni ad Antonino Siragusa, che ad un certo punto si era autoaccusato dell'omicidio e avrebbe voluto avviare un percorso di collaborazione. I giudici sancirono anche due assoluzioni, quella di Paolo Cocco e Francesco Castrnovo (difesi dagli avvocati Rosanna Vella e Debora Speciale), che fino a quel processo non erano mai stati sfiorati dalle indagini.

Fu un pentito, Francesco Chiarello, a chiamarli in causa. La Corte d'Assise ha però creduto alle dichiarazioni di Siragusa (che la Procura non aveva invece voluto ritenere attendibili) e dato un giudizio molto negativo sulla credibilità del collaboratore di punta dell'accusa, Chiarello appunto. "Inattendibile", scrissero i giudici nelle motivazioni della sentenza, definendo anche il suo comportamento "inquietante" ed "allarmante", visto che avrebbe dimostrato di "saper perfettamente costruire nei minimi particolari un racconto che, per sua stessa ammissione, era tuttavia falso".

Le motivazioni della sentenza: "Ucciso dai boss, ma Chiarello inattendibile"

In queste settimane è in corso il processo d'appello e la Procura ha nuovamente chiesto la condanna di tutti gli imputati, pur sostenendo di aver sempre creduto alla versione di Siragusa (che scagionava totalmente Cocco e Castronovo). Contro i due assolti, per l'accusa, ci sarebbero altri elementi, tra cui soprattutto delle intercettazioni.

Chiarello metteva sei persone sul luogo del delitto, Siragusa quattro, compreso se stesso. Ma un testimone oculare dell'omcidio ha sin dall'inizio parlato di un unico aggressore, alto e col volto coperto da un casco. Nei prossimi mesi arriverà il verdetto di secondo grado.

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