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Mafia Zen

Macellaio ucciso perché voleva comandare allo Zen, due arresti dopo 18 anni

Secondo il racconto di alcuni pentiti Felice Orlando - crivellato nel 1999 con 7 colpi di pistola nella sua macelleria - voleva uccidere Sandro Lo Piccolo. Ma il padre Salvatore, appena seppe la situazione, commissionò l'omicidio. Adesso la svolta nelle indagini: presi i presunti esecutori

Luce sull’omicidio di Felice Orlando: individuati i sicari che 18 anni fa lo crivellarono di colpi all’interno della sua macelleria allo Zen. I carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno eseguito un provvedimento restrittivo emesso dall’ufficio gip del tribunale di Palermo nei confronti dei due mafiosi Vincenzo Pipitone (61 anni, di Torretta) e Gaspare Di Maggio (56 anni, di Cinisi). La svolta alle indagini è arrivata grazie alle recenti dichiarazioni del collaboratore di giustizia e uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini Antonino Pipitone, che si aggiungono a quelle dell’altro collaboratore Gaspare Pulizzi e ai riscontri investigativi dei militari.

"Ora ci facemu livari u babbio"

Era il 17 novembre 1999. I reggenti del mandamento di San Lorenzo Salvatore Lo Piccolo e il figlio Sandro, già condannati a 30 anni come mandanti, decretarono la morte di Orlando per due ragioni: il macellaio aveva manifestato l’intenzione di controllare e comandare allo Zen, prendendo per questo decisioni mai autorizzate dai vertici di Cosa Nostra. “Andava raccontando che si voleva prendere lo Zen nelle mani - ha svelato il pentito Isidoro Cracolici - e disse a Carmelo Militano che voleva uccidere Sandro Lo Piccolo. E Militano avvisò subito Lo Piccolo. Il padre, scoperta la situazione, esclamò: 'Ora ci pensiamo. Ora ci facemu livari u babbio'". In secondo luogo i Lo Piccolo erano entrati in possesso di alcune intercettazioni effettuate per indagini precedenti, leggendo le espressioni dispregiative e gli insulti riservati loro proprio da Orlando.

La pianificazione dell'omicidio

Così i Lo Piccolo decisero di commissionare l’omicidio a Vincenzo Pipitone, all’epoca reggente della famiglia di Carini, e ad Angelo Conigliaro (poi deceduto), i quali a loro volta individuarono quali esecutori materiali Antonino Pipitone, Gaspare Pulizzi, Gaspare Di Maggio e Ferdinando Gallina (quest'ultimo attualmente detenuto in un carcere negli Usa). Il commando iniziò a pianificare l’uccisione con alcuni sopralluoghi, sia per individuare la vittima (conosciuta solo tramite alcune fotografie) sia la macelleria dove coglierlo di sorpresa.

L'agguato in macelleria

Il giorno dell’omicidio i sicari arrivarono a bordo di tre auto: nella prima c’era Gaspare Pulizzi, al volante della seconda c’era Antonino Pipitone insieme a Gaspare Di Maggio e Ferdinando Gallina, mentre sulla terza c’erano Vincenzo Pipitone e Angelo Conigliaro. Arrivati davanti al negozio Di Maggio e Gallina indossarono dei cappelli, fecero irruzione nell’attività commerciale dove c’erano Orlando e un suo assistente. Inutile il loro tentativo di nascondersi sotto al bancone. I killer esplosero una decina di colpi e sette di questi raggiunsero Orlando a un fianco, lasciandolo morto a terra. Poi la fuga e l’abbandono di una delle tre auto, una Fiat Uno rubata.

(Nelle foto in basso, da sinistra, Vincenzo Pipitone e Gaspare Di Maggio)

"E’ importante - dice il colonnello Antonio Di Stasio, comandante provinciale dell'Arma - perseverare nelle attività investigative per assicurare alla giustizia i responsabili di atroci delitti. Il male non ha tempo e non è mai troppo tardi per la verità".

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