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Giovedì, 18 Aprile 2024
Mafia Brancaccio

Uccise il padre dei boss Graviano nel 1982, il pentito Gaetano Grado adesso dovrà risarcirli

Dopo due sentenze contrastanti, la Cassazione ha confermato che il collaboratore deve versare 110 mila euro di provvisionale ai mafiosi di Brancaccio, nonché alla madre e al nipote che ha il nome del nonno assassinato, Michele. In sede civile sarà quantificato il resto. In primo grado la richiesta era stata respinta, ritenendo prescritto l'omicidio

Il pentito Gaetano Grado deve risarcire il boss Giuseppe Graviano ed altri componenti della famiglia mafiosa di Brancaccio per l'omicidio del padre, Michele Graviano, che risale al 7 gennaio 1982 e che il collaboratore aveva confessato anni fa. A deciderlo, dopo due sentenze contrastanti, è stata la prima sezione della Cassazione: oltre ai danni da quantificare in sede civile, Grado dovrà versare provvisionali per 110 mila euro: 35 mila euro sia a Giuseppe Graviano che al fratello Benedetto, altrettanti alla madre Vincenza Quartararo, e 5 mila al figlio del boss stragista, che porta il nome del nonno, Michele. Il collegio presieduto da Angela Tardio ha anche condannato il pentito a pagare 7 mila euro per le spese di giudizio. 

La Suprema Corte ha confermato la sentenza d'appello, emessa il 2 ottobre del 2019, che aveva ribaltato quella di primo grado, del 13 gennio 2015. Inizialmente, infatti, l'omicidio di Michele Graviano era stato dichiarato prescritto, escludendo quindi il diritto al risarcimento della famiglia (i fratelli Filippo e Nunzia Graviano non si sono mai costituiti parte civile). 

Poi il verdetto era stato rivisto, però, perché per i giudici hanno stabilito che "in seguito all'entrata in vigore della legge 251 del 5 dicembre 2005, i reati puniti con l'ergastolo, commessi prima della riformulazione dell'articolo 157 del codice penale (quello sulla prescrizione, ndr), dovevano ritenersi imprescrittibili" e questo anche se l'imputato è un collaboratore di giustizia, che gode quindi di un trattamento speciale da un punto di vista sanzionatorio. Così era stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei Graviano.

Una decisione che Grado aveva impugnato in Cassazione, dove ora il suo ricorso è stati ritenuto infondato, anche alla luce di una sentenza delle Sezioni Unite, che si sono espresse proprio nella direzione recepita in appello. "L'omicidio di Michele Graviano è stato confessato dall'imputato sin dall'inizio della sua collaborazione, allorquando il relativo procedimento era stato archiviato", rimarca poi la Suprema Corte, e il pentito "ha riportato le modalità di esecuzione del crimine in maniera dettagliata, la dinamica da lui rappresentata collima con le risultanze acquisite nelle investigazioni, se non per la discrasia di una delle armi impiegate, che non si ritiene decisiva; ancora il collaboratore ha correttamente collocato il fatto, in particolare rispetto ad altri delitti di cui è accusato; ha indicato un movente che è verosimile, in considerazione del conflitto che, a quel tempo vi era nell'associazione criminale". Nessun dubbio quindi sulla sua responsabilità.

Michele Graviano venne eliminato nell'ambito della guerra avviata dai corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano: "Sei mesi dopo la morte di Stefano Bontate venne ucciso mio fratello - aveva racconta Grado all'inizio della sua collaborazione con la giustizia - e a quel punto decisi di andare in Spagna. Di tanto in tanto scendevo a Palermo, uccidevo i capi delle famiglie mafiose alleate con i corleonesi e tornavo in Spagna". Ed è in una di queste occasioni che si sbarazzò anche del padre dei boss di Brancaccio, che ora dovrà risarcire.

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