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Mafia

Un imputato è positivo al Covid, in appello slitta la requisitoria per l'omicidio dell'avvocato Fragalà

Salvatore Ingrassia, condannato in primo grado a 22 anni, è in isolamento per via del virus e non ha potuto prendere parte all'udienza, che è stata rinviata all'inizio di dicembre. Il delitto avvenne nel 2010 e, come è stato sancito dalla prima sentenza, sarebbe stato di matrice mafiosa: il penalista doveva essere punito perché "sbirro"

Uno degli imputati è positivo al Covid e slitta la requisitoria per l'omicidio dell'avvocato Enzo Fragalà. Stamattina era prevista la richiesta del pg alla Corte d'Assise d'Appello per il delitto avvenuto alla fine di febbraio del 2010, a pochi passi dallo studio del penalista e del palazzo di giustizia, in via Nicolò Turrisi, ma si è appreso che Salvatore Ingrassia è in isolamento per via del virus e l'udienza è stata quindi rinviata all'inizio di dicembre.

Oltre ad Ingrassia, che in primo grado è stato condannato a 22 anni di carcere, alla sbarra ci sono Antonino Abbate (30 anni la pena già inflitta), Francesco Arcuri (24 anni), Antonino Siragusa (14 anni, con il riconoscimento dell'attenuante prevista per i collaboratori di giustizia, anche se la Procura non gli ha mai creduto), Paolo Cocco e Francesco Castronovo, difesi dagli avvocati Rosanna Vella e Debora Speciale, che erano stati entrambi assolti. L'accusa aveva chiesto per tutti l'ergastolo.

Come aveva stabilito la Corte d'Assise presieduta da Sergio Gulotta il 23 marzo dell'anno scorso l'omicidio di Fragalà - massacrato a bastonate la sera del 23 febbraio del 2010 e deceduto qualche giorno dopo in ospedale - sarebbe stato un delitto di mafia: l'avvocato sarebbe stato punito perché sarebbe stato uno "sbirro" e Cosa nostra, con la sua uccisione, avrebbe voluto dare una lezione "a tutta l'avvocatura palermitana".

I giudici non avevano creduto però al pentito Francesco Chiarello, che invece - per la Procura - avrebbe svelato ogni contorno dell'omicidio, facendo anche i nomi di Cocco e Castronovo, prima mai sfiorati dalle lunghe indagini. La Corte lo giudicò però "inattendile" e definì il suo comportamento "inquietante" ed "allarmante", visto che avrebbe dimostrato di "saper perfettamente costruire nei minimi particolari un racconto che, per sua stessa ammissione, era tuttavia falso".

I giudici in primo grado avevano invece creduto alla versione fornita da Siragusa, che ad un certo punto aveva deciso di collaborare con i pm, ma questi lo ritennero inattendibile. Siragusa aveva sempre escluso la partecipazione di Cocco e Castronovo.

e indagini sull'omicidio sono state molto complesse, si arrivò persino ad ipotizzare un movente passionale, sulla scorta delle dichiarazioni di un'altra collaboratrice di giustizia, Monica Vitale, ma il fascicolo venne archiviato.

Nel processo sono parte civile la famiglia Fragalà, assistita dagli avvocati Enrico Sanseverino ed Enzo Tarantino, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati e la Camera penale, rappresentati dagli avvocati Cesare Faiella e Giuseppe Scozzola, il Consiglio nazionale forense (avvocato Antonio De Michele), il Comune di Palermo, la fondazione Caponnetto (avvocato Alfredo Galasso).

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