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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia Bagheria

Strangolato e sciolto nell'acido, definitivi due ergastoli per l'omicidio di Andrea Cottone

La Cassazione rigetta i ricorsi di Ignazio Fontana e Giuseppe Comparetto accusati da diversi pentiti di aver fatto sparire l'imprenditore a novembre del 2002. La vittima, già condannata per mafia, si era schierata contro il capo della cosca di Villabate dell'epoca, Nicola Mandalà, che aveva chiesto il via libera per il delitto direttamente a Bernardo Provenzano

L'attirarono in una trappola, in una pizzeria sul lungomare tra Ficarazzi ed Aspra, e lo strangolarono. Poi trasportarono il suo cadavere in un deposito di marmi vicino a Bagheria e lo sciolsero nell'acido. La prima sezione della Cassazione per l'omicidio e la distruzione del cadavere di Andrea Cottone, il pregiudicato per mafia sparito il 13 novembre del 2002, ha confermato gli ergastoli inflitti in primo e secondo grado a Ignazio Fontana e Giuseppe Comparetto.

La ricostruzione del delitto fu possibile solo dopo diversi anni e grazie al contributo di alcuni collaboratori di giustizia, soprattutto Mario Cusimano e Stefano Lo Verso. E sono proprio le dichiarazioni dei pentiti che le difese hanno cercato di mettere in discussione, ma la Suprema Corte ha rigettato i ricorsi. In abbreviato per lo stesso omicidio sono state condannate altre persone.

Cottone era già stato condannato per mafia e, nel 1999, era tornato libero. Avrebbe però cercato di consolidare il suo ruolo all'interno di Cosa nostra, schierandosi con la famiglia Montalto del clan di Villabate e conseguentemente contro quella di Nicola Mandalà, in quello momento a capo della cosca. Sono proprio queste ambizioni, con la fazione "sbagliata" che l'imprenditore aveva pagato con la vita.

La vittima era sparita nel nulla nel pomeriggio del 13 novembre del 2002. A denunciarne la scomparsa il giorno dopo era stato il figlio, che si era rivolto alla stazione dei carabinieri di Villabate, riferendo che non aveva più notizie del padre dalle 12.30 del giorno prima, quando Cottone in macchina era andato al lavoro a Villabate. Rapidamente si era esclusa la pista dell'allontanamento volontario e, visti i precedenti della vittima, gli inquirenti si erano orientati verso un caso di lupara bianca. Un'ipotesi che aveva trovato una prima conferma quando, due settimane dopo la sparizione, il 27 novembre, la macchina di Cottone era stata ritrovata vicino alla stazione di Termini Imerese.

Una vera svolta nelle indagini ci fu dopo il pentimento di Mario Cusimano e poi di Stefano Lo Verso. Successivamente arrivarono anche quelle di Sergio Rosario Flamia e di Vito Galatolo. Tutti hanno inserito l'omicidio nel contesto delle dinamiche interne alle famiglie mafiose del mandamento di Bagheria. Cusimano in particolare aveva riferito che la decisione di uccidere Cottone sarebbe stata di Mandalà che si era rivolto direttamente a Ciccio Pastoia e Bernardo Provenzano, ottenendo l'autorizzazione da quest'ultimo, che aveva incontrato diverse volte da dicembre 2002. Secondo il pentito, inoltre, il boss aveva poi individuato Lo Verso, che era amico di Cottone, per attrarlo facilmente in un tranello e nel luogo in cui poi venne ucciso. Cottone era stato prima interrogato sui suoi rapporti con i Montalto e poi strangolato.

Cusimano ha sostenuto anche di aver saputo da Mandalà e Fontana, che gli avevano chiesto di andare a prenderli dopo lo scioglimento del cadavere di Cottone, che la vittima aveva con sé degli oggetti preziosi e anche dei soldi nel portafoglio.

Lo Verso a sua volta aveva raccontato di aver effettivamente accompagnato Cottone a pranzo in una pizzeria, annessa ad un minigolf sul lungomare che collega Ficarazzi ad Aspra, gestita dal suocero di Comparetto. Aveva anche riferito di aver poi sentito delle urla e di aver visto il corpo della vittima a terra dopo essere stato aggredito. Lo Verso, assieme a Comparetto, aveva portato infine la macchina della vittima alla stazione di Termini.

Dichiarazioni che sono state successivamente confermate da Flamia e Galatolo e che hanno determinato, sin dal primo grado di giudizio, la condanna all'ergastolo di Comparetto e Fontana che ora, con il rigetto della Cassazione, diventa definitiva.

Qui sotto la vittima, Andrea Cottone

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