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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia

Condannati all'ergastolo per 5 omicidi di mafia, ma in appello arrivano due assoluzioni

Al centro del processo le uccisioni di Giampiero Tocco, Felice Orlando, Francesco Giambanco, Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, avvenute tra il 1999 ed il 2001. Questi ultimi due casi restano irrisolti. Totalmente scagionati Salvatore Cataldo e Antonino Di Maggio. Non reggono le dichiarazioni del pentito Antonino Pipitone

Accusati ingiustamente, interrogati sommariamente dal "tribunale" di Cosa nostra e poi eliminati a colpi d'ascia o di pistola e fatti saprire nel nulla oppure strangolati e sciolti nell'acido. Storie di orrore e di vendette mafiose, che risalgono ormai a più di due decenni fa e per le quali oggi dei giudici veri hanno deciso di confermare alcuni ergastoli già emessi in primo grado per alcuni imputati, ma anche di scagionare totalmente altre persone che erano state anche loro condannate al fine pena mai dalla Corte d'Assise. Non si conoscono le motivazioni del verdetto, ma le dichiarazioni del pentito Antonino Pipitone, su cui ruotava il processo, evidentemente non hanno convinto i giudici d'appello che hanno processato cinque imputati per altrettanti omicidi di mafia. 

Le assoluzioni sono arrivate per quattro persone in relazione al duplice omicidio di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto, i cui corpi dal 16 aprile del 1999 non sono mai stati ritrovati. Un delitto che con questa sentenza, resta dunque ulteriormente irrisolto. Scagionati Salvatore Cataldo, Antonino Di Maggio, Giovan Battista Pipitone e Vincenzo Pipitone. Solo per i primi due - difesi dagli avvocati Raffaele Bonsignore, Salvatore Mormino, Angelo Barone e Giuseppe Gianbanco - si tratta però di un'assoluzione totale, perché nel processo  rispondevano solo di questi omicidi.

Per i due Pipitone, infatti, i giudici hanno confermato invece gli ergastoli già emessi in primo grado per l'omicidio di Giampiero Tocco, rapito davanti alla figlioletta di 6 anni il 26 ottobre del 2000 e poi strangolato e sciolto nell'acido. Così come sono stati confermati gli ergastoli per Vincenzo Pipitone e un quinto imputato, inizialmente processato a parte, Gaspare Di Maggio, figlio dello storico boss di Cinisi, Procopio, in relazione all'omicidio del macellaio dello Zen, Felice Orlando, assassinato nel suo negozio nel 1999.

Vincenzo Pipitone, difeso dagli avvocati Jimmy D'Azzò e Giuseppe Giambanco, è stato però assolto da un altro delitto, quello di Francesco Giambanco, eliminato nel 2001 a Carini. La Corte d'Assise d'Appello ha dunque rivisto la sentenza emessa dal collegio presieduto da Alfredo Montalto a gennaio dell'anno scorso con cui erano stati inflitti quattro ergastoli.

Ricostruiti tre omicidi, le immagini dei sopralluoghi | video

Il 3 luglio per la morte di Tocco e Giambanco, ma anche per quella di Orlando, è stato condannato all'ergastolo in primo grado anche Ferdinando "Freddy" Gallina, la cui posizione era stata stralciata in attesa che fosse estradato dagli Stati Uniti dove si era rifugiato.

A parlare per primo dei delitti, nel 2008, era stato il pentito Gaspare Pulizzi, ma le sue sole dichiarazioni non erano state sufficienti per avviare un processo. La presunta svolta era arrivata anni dopo, nel 2016, con il pentimento del boss di Carini Antonino Pipitone. Per gli imputati i fermi scattarono alla fine di novembre di quell'anno. Adesso, però, gli avvocati sono riusciti a confutare le dichiarazioni di Pipitone che, peraltro, nel momento in cui decise di parlare era pienamente a conoscenza delle precedenti rivelazioni di Pulizzi.

Failla e Mazzamuto eliminati con la lupara bianca

In base alle dichiarazioni di Pipitone, Failla venne prima colpito con un'ascia e poi strozzaton ("lo strangolamento durò alcuni secondi"), mentre Mazzamuto fu ucciso con un colpo di pistola. Pulizzi fornì una versione diversa. "E' stato il primo omicidio al quale ho assistito - aveva dichiarato Pipitone - fui coinvolto nell'occultamento dei cadaveri che furono messi in alcuni sacchi e lasciati nel bagagliaio della macchina di Mazzamuto, che fu schiacciata con mezzi meccanici e nascosta in un terreno". I corpi non sono mai stati ritrovati. Pipitone ha anche spiegato che "durante lo strangolamento, mio zio Vincenzo urlava a Failla: 'Sei uno sbirro'". Il movente del duplice omicidio non è stato mai ben chiarito: "Failla e Mazzamuto - affermò Pipitone - erano responsabili dell'incendio di un supermercato, ma non dissero espressamente che questa era la causa dell'omicidio". Con la sentenza di oggi questa ricostruzione non ha retto e il duplice omicidio resta senza colpevoli.

Il rapimento e l'omicidio di Tocco

Giampiero Tocco fu bloccato da un finto posto di blocco nel 2000, mentre era in auto con la figlioletta che allora aveva 6 anni. Secondo i Lo Piccolo (condannati in un altro processo) l'uomo avrebbe ucciso Gaspare Di Maggio, figlio del boss di Cinisi, Procopio. Fu interrogato, strangolato e sciolto nell'acido. Anni dopo l'omicidio si scoprì che sulla macchina in cui viaggiavano padre e figlia c'era una microspia che aveva registrato i terribili momenti del rapimento e anche la chiamata disperata della bambina alla madre: "Mamma, mamma, la polizia ha preso papà, hanno controllato se aveva la patente, non so dov'è andato, mi sono spaventata da morire... Voglio andare via, non mi sento bene...". La piccola fece anche dei disegni della scena alla quale aveva assitito. Ma la microspia aveva registrato anche le parole degli appartenenti al commando mafioso: "Io ti ammazzo, facemu i cosi beddi puliti". In questo caso è stata accertata anche la responsabilità dei due Pipitone.

I disegni della bambina e le intercettazioni | video

L'uccisione di Francesco Giambanco

Giambanco sarebbe stato punito perché sarebbe stato un "cane sciolto", avrebbe cioè commesso una serie di furti e e incendi senza l'autorizzazione del clan di Carini. "L'ordine di uccidere questo ragazzo - aveva spiegato il pentito Pipitone - arrivò dai miei zii Giovan Battista e Vincenzo. So che questo ragazzo aveva dato fastidio muovendosi per furti o altro senza autorizzazione e i miei zii dissero che Sandro e Salvatore Lo Piccolo erano d'accordo... Qualche giorno dopo Giovanni Cataldo chiamò Giambanco e gli diede un appuntamento nel suo deposito dietro al cimitero di Carini". E aveva aggiunto: "Mentre Giambanco parlava con Cataldo io, Pulizzi e Gallina prendemmo la vittima per le mani e i piedi, Cataldo lo colpì con un attrezzo da lavoro". Poi il cadavere di Giambanco era stato caricato su una macchina e dato alle fiamme. Le dichiarazioni del pentito non hanno convinto neanche in questo caso.

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