rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia

La vendetta degli "scappati", la Dia: "Il nuovo Riina sarà palermitano, bocciato Messina Denaro"

Occhio al ritorno dal Nord America dei sopravvissuti di mafia. Lo rivela la relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia: "Il comportamento del super boss di Castelvetrano, troppo attento a gestire alla sua latitanza, non era piaciuto a Riina"

"La scomparsa di Totò Riina costituisce un elemento da tenere in debita considerazione perché foriero di sviluppi ancora non ben delineabili". A stabilirlo è la relazione semestrale della Dia sulle organizzazioni criminali in Italia, che dedica una parte consistente alle nuove evoluzioni di Cosa nostra. L’esistenza in vita di un capo carismatico anche se anziano e ammalato - sostitene la Direzione investigativa antimafia - ha  infatti, ostacolato la riattivazione dell’organismo decisionale centrale di Cosa nostra e, conseguentemente, l’esercizio di strategie comuni di lungo periodo.

Insomma tutto è cambiato dopo il 17 novembre. "E' quasi automaticamente iniziata una nuova fase di riassetto degli equilibri, nel cui ambito è ragionevole supporre che possa persistere la tendenza, sedimentatasi negli ultimi decenni nella parte occidentale dell’Isola, che ha finora visto cosa nostra trapanese e agrigentina agire in sostanziale sintonia con le famiglie palermitane, le cui dialettiche interne potrebbero così continuare ad influenzare l’intera struttura, sia sotto il profilo della gestione degli affari illeciti più remunerativi, sia con riferimento alla guida dell’organizzazione. Una situazione che, evidentemente, non può prescindere dal ruolo del latitante Matteo Messina Denaro". 

E la mafia palermitana? "Continua ad attraversare una fase di transizione e di rimodulazione, sforzandosi di conservare una struttura unitaria e verticistica, anche per massimizzare, per quanto possibile, i profitti derivanti da un “paniere” di investimenti certamente meno rilevante rispetto al passato - spiega la Dia -. Non è escluso che il riassetto in atto possa, nel medio-lungo termine, produrre riflessi sull’esatta competenza territoriale delle famiglie e, soprattutto, dei mandamenti, ora improntati a schemi meno rigidi rispetto al passato".

Riina - a detta della Dia - anche se molto anziano e in precarie condizioni di salute, ha continuato fino alla fine a essere il capo di Cosa nostra fino alla morte. "A differenza di altre organizzazioni criminali - si legge nella relazione - Cosa nostra non può rinunciare a dotarsi di un nuovo capo. La sua forza ha sempre risieduto nell’essere un modello strutturato gerarchicamente, unitario e verticistico. E’ assai improbabile che a succedergli sia Messina Denaro, pure essendo egli l’esponente di maggior caratura tra quelli non detenuti, ed in grado di costituire un potenziale riferimento, anche in termini di consenso, a livello provinciale. In primo luogo, perché i boss dei sodalizi mafiosi palermitani, storicamente ai vertici dell’intera organizzazione, non accetterebbero di buon grado un capo proveniente da un’altra provincia. Inoltre, negli ultimi anni, si sarebbe disinteressato delle questioni più generali attinenti Cosa nostra, per poter meglio gestire la latitanza e, semmai, gli interessi relativi al proprio mandamento ed alla correlata provincia. Lo stesso Riina, intercettato in carcere, si era lamentato di questo comportamento".

D’altro canto, pare sussistere un generale senso d’insofferenza verso la leadership corleonese, ormai provata e decimata, la cui maggioranza è costituita da boss anziani, detenuti con pene definitive all’ergastolo. Insomma c'è una diffusa volontà di trasformazione e di superare la governance corleonese. Non può escludersi, peraltro, che giovani capi emergenti ed in via di affermazione approfittino della situazione e cerchino spazi per imporsi, entrando in conflitto con anziani uomini d’onore.

"Ci sono le contraddizioni di un’organizzazione chiamata oggi a misurarsi anche con i discendenti degli “scappati”, i perdenti sopravvissuti alla “guerra di mafia” vinta dai corleonesi - avverte la Dia -. Si tratta di coloro che per salvarsi furono costretti a trovare rifugio all’estero, in particolar modo in Nordamerica, dove potevano contare su storici legami, rafforzati dal narcotraffico internazionale di eroina, all’epoca gestito da cosa nostra. Ora molti di loro, da qualche tempo tornati a Palermo, potrebbero pensare di consumare le proprie vendette contro i corleonesi". Un altro dato significativo: nell’ultimo anno ci sono state oltre 300 scarcerazioni di mafiosi “eccellenti”, già condannati per associazione mafiosa e relativi alla Sicilia occidentale. Segno che qualcosa sta cambiando. E il futuro di Cosa nostra è già presente.

 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La vendetta degli "scappati", la Dia: "Il nuovo Riina sarà palermitano, bocciato Messina Denaro"

PalermoToday è in caricamento