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Mafia Brancaccio

"Non è stata detenuta ingiustamente", i giudici negano il risarcimento a Nunzia Graviano

La decisione dopo l'istanza della sorella dei boss stragisti di Brancaccio, Giuseppe e Filippo. La donna era stata arrestata il 29 novembre del 2011 ed era rimasta in cella fino al 13 aprile del 2015, ma venne poi del tutto scagionata dall'accusa di aver fatto da collettore del pizzo a Roma e per questo chiedeva i danni

Nessun risarcimento per ingiusta detenzione per Nunzia Graviano, la "picciridda" della famiglia mafiosa di Brancaccio. La prima sezione della Corte d'Appello presieduta da Adriana Piras ha infatti rigettato l'istanza avanzata dalla sorella dei boss stragisti Giuseppe e Filippo Graviano, sepolti da oltre due decenni al 41 bis, e ha accolto invece le tesi del pg Carlo Marzella.

Il procedimento nasceva dall'arresto di Nunzia Graviano, avvenuto il 29 novembre del 2011, nell'ambito del blitz della squadra mobile "Araba Fenice". L'accusa era quella di essere stata il collettore a Roma dei soldi del pizzo raccolti a Brancaccio. In primo grado rimediò una condanna a tre anni, in continuazione con una precedente condanna per mafia, ma in appello fu poi del tutto assolta (assieme all'altro fratello, Benedetto). Una sentenza che, dopo vari gradi di giudizio è ormai definitiva.

Nunzia Graviano, come hanno sostenuto i suoi avvocati, Raffaele Restivo e Saverio Fortuna (del Foro di Roma), sarebbe rimasta ingiustamente in carcere dal giorno dell'arresto al 13 aprile del 2015. Un errore, ad avviso dei legali, visto che l'imputata risultò poi innocente. Da qui la richiesta di risarcimento allo Stato. Che i giudici adesso hanno però respinto, ritenendo che - al di là dell'assoluzione - la donna non avrebbe tenuto un comportamento processuale tale da far ritenere che potesse essere estranea ai fatti.

I risarcimenti per ingiusta detenzione costano allo Stato milioni di euro all'anno. Nel 2020 la riparazione è stata concessa a 750 persone per una spesa di quasi 37 milioni. Nel tempo le maglie per ottenere questo diritto si sono fatte non a caso sempre più stringenti e a volte anche con argomenti spesso contestati dagli avvocati. Basta per esempio scegliere di avvalersi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio per non avere più diritto al risarcimento. La decisione di tacere davanti al gip, però, è un diritto garantito ad ogni indagato.

Nunzia Graviano aveva rimediato la sua prima condanna per mafia a novembre del 2000: 4 anni e 4 mesi con il rito abbreviato, diventati definitivi nel 2003. Nel 2011 era stata nuovamente arrestata. In primo grado, sempre con l'abbreviato, era stata condannata 8 anni di reclusione, ma in appello, ad aprile del 2015, le era stata riconosciuta la continuazione con la precedente condanna e la pena era scesa a 3 anni. L'imputata era così tornata libera. La sentenza era stata poi annullata con rinvio dalla Cassazione e, nel 2017, nell'appello bis, la donna era stata del tutto scagionata.
 

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