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Giovedì, 25 Aprile 2024
Mafia

A 33 anni dall'omicidio, ricordati a Villagrazia di Carini l'agente Nino Agostino e la moglie Ida

Con loro, nel 1989, davanti al cancello di casa, morì anche la bimba di cui la donna era incinta. Per anni il delitto è rimasto un mistero e soltanto l'anno scorso è arrivata una prima condanna all'ergastolo per il boss Nino Madonia. Per altri due imputati dibattimento ancora in corso

Furono assassinati davanti al cancello della loro casa, a Villagrazia di Carini, il 5 agosto del 1989 e, per dare una prima (parziale) giustizia al poliziotto Nino Agostino, alla moglie Ida Castelluccio e alla bimba che portava in grembo (riconsciuta anche lei come vittima di mafia) sono serviti 32 anni. Soltanto a marzo dell'anno scorso, infatti, è arrivata la condanna all'ergastolo (in primo grado e con l'abbreviato) per il boss Nino Madonia. Il processo in ordinario a carico di altri due imputati, il boss Gaetano Scotto e un amico dell'agente ucciso, Francesco Paolo Rizzuto (che è accusato solo di favoreggiamento), è invece ancora in corso davanti alla Corte d'Assise.

Sono passati 33 anni da quel delitto, che stamattina è stato commemorato proprio nel luogo in cui avvenne. Una storia, quella di Agostino, che per anni ha rappresentato uno dei tanti buchi neri della storia italiana, arrivata ad una svolta investigativa soltanto recentemente. Grazie anche alla determinazione del padre del poliziotto, Vincenzo Agostino che, assieme alla moglie, Augusta Schiera (deceduta il 28 febbraio 2019, senza dunque conoscere l'esito del primo processo), si sono battuti senza sosta perché si trovasse la verità. La lunga barba di Vincenzo Agostino, 84 anni, è diventata un simbolo di resistenza e di richiesta di giustizia.

La Procura aveva riaperto il caso in anni recenti, indagando proprio su Madonia, Scotto e Rizzuto, ma alla fine aveva chiesto l'archiviazione, ritenendo di non avere prove sufficienti per sostenere l'accusa in un processo. L'inchiesta era stata però avocata dalla Procura generale e, da lì, sono poi arrivati i rinvii a giudizio e la prima condanna.

"Le indagini si sono rivelate subito particolamente complesse, principalmente per alcune evidenti anomalie", come ha sottolineato la Dia, riferendosi a reticenze e documenti spariti, tra cui appunti personali di Agostino. "In primo luogo - hanno sostenuto gli investigatori - mancava un movente e dalle prime indagini e dalle dichiarazioni dei suoi 'superiori', Antonino Agostino appariva un agente addetto alle volanti del commissariato San Lorenzo". Ma poi "è emerso che Agostino assolveva anche 'mansioni coperte', con particolare riferimento ad iniziative assunte unitamente ad esponenti di spicco dei Servizi di sicurezza e apparentemente finalizzate alla ricerca di latitanti di mafia".

Ed è in questo contesto, "nel torbido terreno di rapporti opachi tra componenti elitarie di Cosa nostra e alcuni esponenti infedeli delle Istituzioni", che sarebbe maturato il duplice omicidio. Agostino, come sostiene la Procura generale, faceva parte "con Emanuele Piazza (assassinato anche lui, ndr), Giovanni Aiello, alias 'faccia da mostro' e Guido Paolilli di una struttura di intelligence che in realtà si occupava di gestire complesse relazioni di cointeressenza tra alcuni infedeli appartenenti alle Istituzioni e Cosa nostra". Agostino avrebbe compreso le finalità di questa struttura (a cui avrebbe offerto una pista per catturare Totò Riina) e "se ne era allontanato poco prima del suo matrimonio, fatto che era stato posto a fondamento della decisione di uccidere lui e la moglie".

Questa ricostruzione ha retto davanti al gup, che ha appunto condannato all'ergastolo Madonia. Per gli altri due imputati il primo grado è in corso e, il vicesindaco Caterina Varchi, che stamattina ha rappresentato il Comune durante la cerimonia per ricordare Agostino e la moglie (a cui ha preso parte anche Vincenzo Agostino), rimarca che "dopo oltre 30 anni, si attende la piena e completa verità che auspichiamo possa giungere all'esito dei processi attualmente in corso".
 

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