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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

'Ndrangheta, l’intercettazione: "Dell’Utri contattò boss calabrese per la formazione di Forza Italia"

A tirarlo in ballo l'ex senatore palermitano è stato Giancarlo Pittelli, in passato parlamentare dal 2001 al 2011, intercettato nell'inchiesta "Rinascita-Scott" che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di ben 334 persone, smantellando la cosca dei Mancuso di Vibo Valentia

Marcello Dell'Utri ancora accostato alla 'Ndrangheta. A tirarlo in ballo stavolta è stato Giancarlo Pittelli, avvocato, massone del Goi (ora sospeso) ed ex parlamentare di Forza Italia dal 2001 al 2011, intercettato nell'inchiesta "Rinascita-Scott" che nei giorni scorsi ha portato all’arresto di ben 334 persone, smantellando la cosca dei Mancuso di Vibo Valentia. "Prima che fosse fondata Forza Italia - ha detto Pittelli - tra le prime persone che Dell'Utri contattò furono i Piromalli della piana di Gioia Tauro”.

L'ex senatore palermitano in passato è stato condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa ed in primo grado per attentato a corpo politico dello Stato. I Piromalli sono una 'ndrina calabrese di Gioia Tauro. Secondo la Dia sono la più grande e influente cosca dell'Europa occidentale, con più di 400 famiglie e diverse migliaia di affiliati. Sono tra i fondatori della 'Ndrangheta calabrese presenti sul territorio da più di cento anni. 

"Pittelli non è uno qualunque - si legge su Antimafia Duemila -. Dagli inquirenti è considerato come 'l'uomo cerniera' tra le cosche e il mondo della massoneria e viene definito come il “passepartout del Mancuso (Luigi, capo della cosca dell’omonimo cognome, ndr), per il ruolo politico rivestito” che “avrebbe messo sistematicamente a disposizione dei criminali il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale”.

Il nome di Marcello Dell'Utri, che ha di recente finito di scontare la propria pena, non figura nella lista degli indagati della Procura di Catanzaro ma il suo nome compare nell'intercettazione riportata nell'ordinanza. "Pittelli - scrivono gli investigatori, mentre intercettavano l’avvocato al telefono il 20 luglio 2018 - riferiva ai suoi interlocutori che, per la formazione di Forza Italia, la prima persona che Dell’Utri avrebbe contattato fu Piromalli a Gioia Tauro che il Pittelli accostava, per importanza mafiosa, a Luigi Mancuso (detto il ‘Supremo’, arrestato anche lui nell’operazione ‘Rinascita-Scott’, ndr)”.

Il nome di Marcello Dell'Utri era già stato invischiato nell'operazione “Cent’anni di storia” datata 2008 e messa a segno in provincia di Reggio Calabria. Al centro dell’indagine c’era Aldo Miccichè, faccendiere imputato nel processo che seguì l'inchiesta perché ritenuto legato alla cosca Piromalli. Miccichè avrebbe dovuto aprire alla ‘Ndrangheta la porta della politica che conta, quella di Forza Italia attraverso Marcello Dell’Utri. "Dalle indagini emersero anche delle intercettazioni tra Micciché e il nipote del boss Giuseppe Piromalli (che si trovava al 41bis), Antonio, che aveva dichiarato il suo voto a Forza Italia - si legge su Antimafia Duemila -. Il chiodo fiso dei boss era sempre quello: il 41 bis. Secondo gli inquirenti l’uomo dai “mille volti” avrebbe provato un aggancio prima con l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella, senza successo, e poi con Marcello Dell’Utri. Dall’allora senatore ottenne un appuntamento per Gioacchino Arcidiaco, legato alla cosca della piana, il 3 dicembre 2007 nel suo studio a Milano. Micciché avrebbe istruito Arcidiaco su cosa dire a Dell’Utri. “La Piana è cosa nostra… - sentirono gli investigatori dalla viva voce di Micciché - Fagli capire che il porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi… fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede là sopra è successo tramite noi. Fagli capire che in Calabria o si muove sulla jonica o si muove sulla tirrenica o si muove al centro ha sempre bisogno di noi”.

Già diversi collaboratori di giustizia aveva rivelato i rapporti tra Cosa nostra palermitana e la 'Ndrangheta in un processo che si svolge a Reggio Calabria e vede tra imputati il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano. "Nel corso dei processi in cui ero coinvolto insieme a Santo Asciutto, Rocco Molè e Pino Piromalli si parlava di ciò che stava accadendo in Sicilia in quel periodo - ha raccontato in aula il pentito Vincenzo Grimaldi -.Mi dicevano di stare tranquillo sul fatto di togliere il 41bis. Di questo ne erano a conoscenza tutte le famiglie”. E poi ancora: "Asciutto (suo confidente principale, ndr) mi disse che i Molè-Piromalli erano d’accordo con i siciliani per uccidere i magistrati come riscatto per il 41bis"
 


 

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