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Mori: "I magistrati palermitani, i servizi segreti e la cattura di Messina Denaro"

Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei Familiari di vittime innocenti di mafia: "Non possiamo restare indifferenti dinanzi quanto dichiarato dal Generale nel corso del processo che vede imputato l’ex sindaco di Castelvetrano in merito alla collaborazione con il Sisde"

"Già dal 2004 parlai all’allora procuratore di Palermo, Piero Grasso, del rapporto che il Sisde aveva avviato con Antonio Vaccarino per arrivare alla cattura di Messina Denaro e per individuare la rete di imprenditori a lui vicini. Si era pensato a Vaccarino, come tramite per giungere all’arresto del capomafia in virtù delle relazioni che c'erano tra i due". A parlare del ruolo di confidente dei Servizi dell’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarinio - come riporta Tp24.it - è l’ex capo del Sisde Mario Mori, sentito come imputato di reato connesso al processo in cui Vaccarino è accusato di favoreggiamento aggravato alla mafia. Vaccarino, arrestato a fine 2019 e ancora detenuto, è coinvolto in una indagine che ha svelato una rete di talpe tra ufficiali dell’Arma che avrebbero passato informazioni segrete su inchieste a carico di Messina Denaro.

Dichiarazioni che adesso sono state commentate da Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei Familiari di vittime innocenti di mafia, dell’associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”. "Non possiamo restare indifferenti dinanzi quanto dichiarato dal Generale Mario Mori nel corso del processo che vede imputato l’ex sindaco di Castelvetrano, Antonio Vaccarino, in merito alla collaborazione di quest’ultimo con il Sisde - dice Ciminnisi -. Mori, nel corso dell’udienza tenutasi a Marsala il 16 aprile, ha raccontato di come Vaccarino con lo pseudonimo di Svetonio, intrattenne con Matteo Messina Denaro un rapporto epistolare per conto del Sisde, al fine di arrivare alla cattura del boss latitante. Un rapporto del quale già dal 2004 sarebbe stato informato l’allora Procuratore di Palermo Pietro Grasso.  Anche  dopo il trasferimento del magistrato alla Direzione Nazionale Antimafia, Grasso avrebbe continuato a ricevere le informazioni, assicurando al Generale Mori che le stesse sarebbero state trasferite ai magistrati della Procura di Palermo. Appare dunque incomprensibile – continua Ciminnisi – come Vaccarino nel 2006, proprio per quel rapporto epistolare con il boss, sia stato indagato. Un’indagine conclusasi con l’archiviazione sollecitata da diversi magistrati della Procura di Palermo".

Di recente, troppe ombre si sono allungate su alcune indagini. A partire dalla presunta Trattativa Stato-mafia che per anni ha tenuto banco sulle prime pagine dei giornali, a quelle sottaciute o insabbiate, come il dossier “mafia-appalti” (affidato da Giovanni Falcone alle indagini di Mori e De Donno) che tanto a cuore stava pure a Paolo Borsellino, il quale dopo la morte di Falcone, e dopo aver chiesto a De Donno e Mori se fossero disposti a condurre nuovamente quell’indagine, più volte ne chiese invano l’assegnazione, salvo poi vedersela assegnata lo stesso giorno in cui venne ucciso e archiviata immediatamente dopo.  

Troppi silenzi, troppe stranezze. Noi familiari di vittime di mafia – prosegue Giuseppe Ciminnisi – chiediamo oggi allo Stato che si faccia piena luce su questi fatti. Non si può infatti accettare che nonostante Mori già nel 2011 avesse rilasciato analoghe dichiarazioni nel corso di un’intervista, nessuno abbia sentito il dovere di andare a fondo in questa vicenda. Pietro Grasso era stato avvisato dell’operazione che vedeva l’ex sindaco di Castelvetrano nel ruolo di infiltrato per conto del Sisde? Grasso, aveva avvisato i colleghi? Perché venne avviata un’indagine se i magistrati di Palermo erano a conoscenza della collaborazione di Vaccarino con il Sisde? Chi portò a conoscenza della stampa il ruolo di Vaccarino? Non si tratta di una questione di lana caprina, visto che Mori ha dichiarato come l’aver reso di pubblico dominio il ruolo di Vaccarino con il Sisde, avrebbe di fatto mandato in fumo la possibilità di catturare Matteo Messina Denaro. Noi familiari di vittime di mafia, così come tutta l’opinione pubblica – conclude Ciminnisi - abbiamo il diritto di sapere. Le Istituzioni, se ancora vogliamo farci vanto di vivere in uno Stato di diritto, hanno il dovere di darci le risposte".
 

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