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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

Altro colpo alla rete dei fiancheggiatori di Messina Denaro: una coppia finisce in carcere

I due avrebbero aiutato l'ex superlatitante a nascondersi, ma avrebbero anche fatto parte della catena umana necessaria per la trasmissione dei pizzini. In casa loro il boss avrebbe pranzato diverse volte, come documentato dalle riprese di alcune telecamere e anche da una fotografia trovata sul suo cellulare

Finiscono in carcere altri due presunti fiancheggiatori dell'ex superlatitante Matteo Messina Denaro: i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani, coordinati dal procuratore Maurizio De Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, hanno infatti arrestato Emanuele Bonafede e Lorena Ninfa Lanceri, di 49 e 48 anni, marito e moglie di Campobello di Mazara. L'uomo è il fratello di Andrea Bonafede, l'impiegato comunale che avrebbe ritirato le ricette dal medico che seguiva il boss, Alfonso Tumbarello.

La perquisizione nella casa dove pranzava e cenava Messina Denaro | Video

La mappa dei fiancheggiatori di Messina Denaro

I due sono accusati di favoreggiamento aggravato e di procurata inosservanza della pena. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero accolto più volte nella loro abitazione Messina Denaro, che spesso avrebbe anche pranzato con loro. Lo avrebbero aiutato quindi a nascondersi, ma avrebbero anche fatto parte della catena umana necessaria per la trasmissione di pizzini. Gli indagati sono stati individuati anche grazie alle immagini riprese da alcune telecamere di sorveglianza. Ad incastrare la coppia, però, ci sarebbe anche una fotografia del boss, trovata sul suo cellulare, mentre è seduto in un salotto e fuma un sigaro e beve: il salotto secondo gli investigatori sarebbe proprio quello dei due arrestati.

Dopo il blitz alla clinica La Maddalena, lo scorso 16 gennaio, con cui il boss era stato bloccato dopo trent'anni di latitanza, grazie all'analisi di pizzini e appunti ritrovati nei vari covi, comprese le abitazioni della sorella del mafioso, Rosalia Messina Denaro, finita in carcere anche lei, gli investigatori stanno ricostruendo la rete di protezione sulla quale il capomafia ha potuto contare almeno nell'ultimo periodo della sua latitanza.

Le microspie e la talpa che spiegava come toglierle

Dopo la diagnosi di un tumore - ed è stata proprio la malattia e gli accertamenti compiuti nei database del ministero della Salute che hanno portato i pm a scovare Messina Denaro - il boss è stato costretto a restare nel "suo" territorio, in particolare a Campobello di Mazara. Si è avvalso dell'identità del geometra Andrea Bonafede (già in carcere e cugino dell'omonimo Bonafede), stratagemma con cui ha potuto accedere anche alle cure.

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