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Mafia e pizzo a tappeto a Brancaccio, la Procura chiede 13 condanne per boss e gregari

Il processo in abbreviato nasce dall'operazione "Stirpe" di luglio dell'anno scorso, quando erano state scoperte ben 46 estorsioni. Commercianti ed imprenditori sono finiti a loro volta sotto inchiesta per favoreggiamento perché hanno negato - anche di fronte alle intercettazioni - di essere stati taglieggiati

Avrebbero preso il comando a Brancaccio e imposto il pizzo a tappeto - chiedendo anche solo 5 euro - dopo l'arresto di Leandro Greco, nipote del "papa" di Cosa nostra, Michele, con l'operazione "Cupola 2.0" a dicembre del 2018. Avrebbero taglieggiato decine di commercianti ed imprenditori - ben 46 in tutto le estorsioni, compresa quella ad uno sfincionaro, contestate dalla Procura - senza incontrare alcuna forma di resistenza o di rifiuto, tanto che anche loro, le presunte vittime, sono finite tutte sotto inchiesta per favoreggiamento, avendo negato, anche di fronte alle intercettazioni, di aver mai subito richieste di pizzo. Per 13 imputati, tutti coinvolti nel blitz "Stirpe" di luglio dell'anno scorso, i pm Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco hanno chiesto pene pesanti.

Le intercettazioni: "Pagano tutti e chiedono pure scusa"

La requisitoria si è tenuta lunedì 26 settembre (ma PalermoToday ne è venuta a conoscenza solo oggi) davanti al gup Marco Gaeta che sta celebrando il processo con il rito abbreviato. Nello specifico, i pm hanno chiesto 20 anni per Giuseppe Greco, figlio di Salvatore detto "il senatore", a sua volta figlio di Michele, che secondo la Procura avrebbe preso le redini del clan di Ciaculli, dopo l'arresto del cugino Leandro. Stessa pena, 20 anni, per uno dei presunti estorsori tra i più operativi, Maurizio Di Fede. "Ti pare che è facile? Che me li ricordo tutti io?", diceva l'imputato in un'intercettazione riferendosi al fatto che il numero di attività da taglieggiare fosse così elevato da non riuscire a memorizzarle tutte.

Il boss irredimibile: a 24 ore dalla scarcerazione era già a un summit

Sempre 20 anni sono stati invocati per Giovanni Di Lisciandro, Rosario Montalbano e Stefano Nolano. Per Girolamo Celesia, detto "Jimmy", Salvatore Gucciardi, Onofrio Claudio Palma, Gaspare Sanseverino (nipote del pentito Gaspare Spatuzza) e Angelo Vitrano la condanna richiesta è di 18 anni di carcere a testa. Dodici anni e mezzo sono stati invocati per Giuseppe Giuliano, 12 anni per Giuseppe Ciresi e infine 8 anni per Raffaele Favaloro. Nelle more del processo è invece deceduto un altro degli imputati, Ignazio Ingrassia detto Boiacane, già condannato nel Maxiprocesso.

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