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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia Zen

Mafia, il boss faceva contento il quartiere con il cantante neomelodico Gianni Vezzosi

Cocaina a fiumi, pizzo agli abitanti dei padiglioni, feste. Il capo assoluto aveva un nome e cognome: Guido Spina. Pluripregiudicato per droga e mafia, viveva in una villa-bunker. Era agli arresti domiciliari per motivi di salute ma stava bene

C'è perfino il cantante neomelodico Gianni Vezzosi, tra i personaggi finiti "incidentalmente" nella vicenda degli arresti allo Zen. E' uno dei retroscena emersi dall'operazione "Fiume", che all'alba di oggi ha sgominato la cosca mafiosa di San Filippo Neri (17 persone in manette). Il capo assoluto aveva un nome e cognome: Guido Spina, 49 anni. Tra i reati contestati al clan ci sono quelli di associazione mafiosa, estorsione e spaccio di sostanze stupefacenti. Spina era considerato dai magistrati il punto di riferimento criminale all'interno del quartiere. Gestiva il traffico di stupefacenti con intimidazioni varie, che hanno portato negli anni a consolidare questo suo potere all'interno dello Zen. Un personaggio d'altri tempi. Pluripregiudicato per droga e mafia, era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Le microspie piazzate dagli uomini della Dia hanno però accertato che stava bene. (GUARDA IL VIDEO DELL'ARRESTO)

Mafia allo Zen: i volti dei 17 arrestati

Adesso Spina è in carcere al 416 bis. Finora aveva vissuto in una villa, divenuta a poco a poco una roccaforte. Un vero supermercato della droga. Droga che arrivava dalla Calabria. L'uomo nella sua villa bunker ripeteva di essere stato investito direttamente dai capimafia di un tempo. Occhio di riguardo per la cocaina che veniva spacciata a fiumi allo Zen. Ma la cosca non si occupava solo di spacciare. Tra i vari "interessi" c'era anche quello di imporre il pizzo ai commercianti, agli imprenditori e perfino a chi occupava le case popolari nei padiglioni dello Zen: un "obolo" in cambio di acqua e pulizia. Il principio vigente era quello del "poco ma tutti".

Guido Spina però sapeva come fare contenti i residenti dello Zen: nel corso di una festa a sue spese ha invitato il suo cantante preferito, il neomelodico Gianni Vezzosi. Il cantante quella sera cantò ai boss la canzone "O killer", la storia di un sicario di mafia, e "Lettera a papa'", la giornata di un detenuto. Fondamentale - come spesso succede in questi casi - l'importanza del vincolo familiare tra i membri del gruppo. Una sorta di protezione omertosa che ha aiutato a mantenere la struttura criminale al riparo per tanto tempo dalle forze dell'ordine, rendendone più difficile il lavoro.

Spina era stato arrestato per ben dodici volte, eppure era sempre riuscito a continuare a comandare e a dirigere un traffico di droga ed estorsioni, approfittando degli arresti domiciliari che ha sempre ottenuto grazie ai suoi problemi di salute. Era un trapiantato di fegato e per questo motivo riusciva a sfuggire al carcere. In realtà quando era a casa Spina stava benissimo. Viveva in una casa bunker quasi inespugnabile, coi suoi muri alti nel cuore dello Zen. Arrogante, spavaldo, perché riusciva sempre a farla franca ogni volta che veniva arrestato.

"E' stata dura - ha spiegato in conferenza stampa il direttore nazionale della Dia, Arturo De Felice - È il frutto di un lavoro lungo e difficile. Lo Zen è la Scampia di Palermo. Adesso la guerra prosegue, in nome dei cittadini onesti. Oggi abbiamo vinto una battaglia, come in tante altre occasioni. Ma per quanto ci riguarda sono certo, per chi è realista, dobbiamo dire che non possano assolutamente cullarci sugli allori e proseguiremo".

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