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Sabato, 20 Aprile 2024
Mafia Alimena

"Comprò i voti dai boss per le regionali del 2012", condannato il sindaco di Alimena

Giuseppe Scrivano avrebbe pagato 2.500 euro per 50 preferenze dai mafiosi di Bagheria, in particolare da Carmelo Bartolone, quando si candidò con la Lista Musumeci risultando il primo dei non eletti. In virtù della legge Serverino adesso dovrebbe essere sospeso dalla carica. Ha sempre negato le accuse

Avrebbe comprato i voti dai boss di Bagheria quando, nel 2012, si candidò con la Lista Musumeci alle elezioni regionali, risultando il primo dei non eletti, con 4.166 preferenze. Questa l'accusa contestata dalla Procura al sindaco di Alimena, Giuseppe Scrivano, che ora la terza sezione del tribunale, presieduta da Fabrizio La Cascia, ha condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione. Il sostituto procuratore Francesca Mazzocco aveva chiesto 5 anni. In virtù della legge Severino, il primo cittadino del Comune madonita ora - con un provvedimento della prefettura - dovrebbe essere sospeso dalla carica.

Nel processo si sono costituiti parte civile i Comuni di Alimena e Bagheria, il Centro Pio La Torre, Addiopizzo e Sicindustria, rappresentati dagli avvocati Ettore Barcellona, Francesco Cutraro e Ugo Forello. I giudici hanno riconosciuto una provvisionale di 3 mila euro ciascuno ai Comuni e di 1.500 euro per le associazioni. L'avvocato Vincenzo Lo Re che difende l'imputato preannuncia il ricorso in appello.

La vicenda al centro del processo era emersa con il blitz antimafia "Argo", messo a segno dai carabinieri nel 2013. Per l'accusa, il reato di voto di scambio politico-mafioso sarebbe stato commesso dal sindaco in concorso con Michelangelo Lesto, già condannato a 7 anni in uno stralcio del processo, che il primo cittadino aveva conosciuto per organizzare un comitato elettorale a Bagheria. Proprio Lesto avrebbe poi fatto incontrare Scrivano e il boss di Bagheria, Carmelo Bartolone. Contro l'imputato ci sono una serie di intercettazioni che avrebbero confermato i suoi rapporti con i boss. Per il pm, Scrivano avrebbe pagato 2.500 euro per 50 preferenze.

Bartolone ha però negato le accuse e spiegato durante il dibattimento che i soldi ricevuti da Scrivano sarebbero serviti per una serie di servizi elettorali (una cena, l'affissione di manifesti ecc.). Diversi testi hanno poi affermato in aula di aver fatto campagna elettorale per l'imputato senza ricevere in cambio alcuna somma di denaro.

Scrivano - che venne intercettato mentre diceva "scioccato sono rimasto" - ha sempre negato di sapere chi fosse realmente il boss Bartolone e aveva spiegato che era rimasto "scioccato" perché "avevo trovato tanta gente dalle 10 del mattino al comitato elettorale, mi ero solo complimentato con il signor Lesto". Argomenti che non hanno convinto i giudici.

"Faremo ricorso contro questa sentenza e anche contro la sospensione dalla carica", dice l'avvocato Lo Re. E rimarca: "Chi compra dei voti dai mafiosi non paga con un assegno. E Scrivano pagò invece con un assegno tutte le spese connesse al comitato elettorale di Bagheria. Essendo poi di Alimena, non poteva sapere di certo chi fossero i boss bagheresi". 

Scrivano è stato rieletto sindaco a giugno di due anni fa, nonostante questo processo e un altro - dove risponde dell'accusa di peculato - tuttora pendente in primo grado davanti al tribunale di Termini Imerese.

Il processo ha seguito un iter travagliato: la posizione del sindaco venne infatti stralciata nel 2017 dal troncone principale (con il quale sono stati condannati diversi mafiosi) per un vizio di forma: nel decreto che diponeva il giudizio, infatti, mancava una pagine. Il procedimento era quindi ripartito dall'udienza preliminare.

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