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Giovedì, 28 Marzo 2024
Mafia

Il ritorno degli americani, incontri segreti a Isola: "C'è l'Fbi col binocolo"

Gli affari degli Zito sull'asse New York-Palermo. Dopo l’espulsione voluta da Riina c’era la volontà di fare rientrare gli Inzerillo - esiliati negli States - per consentire a loro e ai Gambino di riconquistare le loro roccaforti. I padrini sapevano di essere braccati: "Mi possono stare dietro notte e giorno..."

Gli investigatori della Squadra Mobile stavano col fiato sul collo degli Inzerillo e del clan di Passo di Rigano, i colleghi dell’Fbi seguivano invece gli Zito, sul conto dei quali erano “emersi stabiliti e duraturi contatti e interessi coltivati dai due (Simone e Calogero ndr) in territorio statunitense”. L’obiettivo era quello di ricostituire una forte leadership mafiosa, come captato dalle cimici a maggio 2018 in un casolare nella zona di Baida, per mandare avanti business criminali come le estorsioni, il traffico di droga e la gestione di sale scommesse da intestare a prestanome.

Blitz antimafia fra Palermo e New York, 19 arresti

Nell'ultimo anno tra gli indagati, alcuni dei quali destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere, c’era qualcuno che aveva iniziato a notare strani movimenti. Come credevano fosse accaduto vicino all’Hotel Saracen di Isola delle Femmine. “Che macchina? Posteggiati come?”, chiedeva l’americano Simone Zito a Francesco Di Maggio (che non risulta fra gli arrestati di oggi). “Una Panda, nuovo tipo. Ma no, che parcheggiati…tipo che guardano. Sai i cambi di staffetta”, gli rispondeva. “Dice che li ha avuti appresso, tuo cugino Raffaele”, spiegava ancora Zito.

Mafia, 19 arresti tra Palermo e New York

“Non credo siano per…per esempio… Io - diceva Di Maggio - faccio sempre il giro, mi piace guardarmi alcune proprietà da là, e beccavo sempre una macchina, sopra, con il binocolo…sicuro ero…al mille per mille”. “Pure a Columbrina (nella zona di Torretta, ndr) sono stati, c’era una tenda militare buttata a terra e cose là, ma loro si mettevano sotto e guardavano la zona industriale”, gli rispondeva Zito che poi aggiungeva: “Dicevano pure che c’era l’Fbi qua, alloggiati al Saracen”. “L’Fbi per te Simone…non è per me”, affermava Di Maggio.

L'uscita degli arrestati dalla Squadra Mobile | Video

Zito non era affatto preoccupato: “Per me si possono coricare davanti la porta. Mi possono spogliare, mi possono stare dietro notte e giorno, anche in America, non mi interessa. Perché io vado a lavorare, cioè…me ne vado al bar, mi alzo, esco, non faccio niente”. E c’era chi gli aveva fatto notare che i suoi continui spostamenti dagli Usa alla Sicilia potevano destare sospetti: “Dice: ‘Questi viaggi non puoi evitare, ogni due mesi’. Ogni settimana, qual è il problema? I biglietti li pago dal lavoro, mio figlio lavora, sono pagati dall’attività. Non mi trovano niente”.

I nomi degli arrestati

Una certezza che però questa notte, durante il blitz eseguito da oltre 200 agenti tra Squadra Mobile e Fbi, si è lentamente sgretolata. Gli investigatori, coordinati dalla Procura di Palermo in costante contatto con l’Us Department of Justice, stavano seguendo tutte le loro mosse, dal Mediterraneo e fino all’Atlantico. Secondo gli inquirenti, dopo l’espulsione voluta decenni fa direttamente da Totò Riina, c’era la volontà di fare rientrare gli Inzerillo esiliati negli States a Palermo - come poi avvenuto a partire dagli anni Duemila - per consentire a loro e alla famiglia dei Gambino di riconquistare le loro roccaforti (Passo di Rigano e Torretta) ed entrare nel progetto di ricostituzione della commissione provinciale.

Parlano i boss: "Se Bontate restava vivo..."| Video

L’ultima indagine sulla nuova Cupola di Cosa nostra ha svelato gli incontri fra l’erede di Riina, Settimo Mineo, con il boss Francesco Inzerillo, il fratello di Salvatore, uno dei mafiosi più autorevoli di Palermo, fatto uccidere proprio dal “capo dei capi” l'11 maggio del 1981. Mineo - riconosciuto dai mafiosi come l'erede di Riina - infatti si dava un gran da fare per tessere alleanze. Camminava parecchio a piedi, andava lui stesso a visitare i suoi interlocutori, per evitare il rischio di essere intercettato.

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