Mafia, blitz con 9 arresti tra San Giuseppe Jato e San Cipirello: coinvolto ex capo dei vigili
Otto persone sono finite in carcere. Il controllo del territorio esercitato attraverso le estorsioni. Tra le vittime il gestore di un centro scommesse. Destinatario del provvedimento cautelare anche l'ex comandante della polizia municipale: "Si era introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un veicolo"
Reato di associazione mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, cessione di sostanze stupefacenti e accesso abusivo a sistema informatico. Con queste accuse all'alba di oggi i miliari del Nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Monreale hanno dato esecuzione a San Giuseppe Jato e San Cipirello 10 provvedimenti cautelari emessi dal gip del Tribunale di Palermo. Otto persone sono finite in carcere, una ai domiciliari, per un'altra è scattata la sospensione dall’ufficio o servizio. Le misure sono emerse al termine dell’indagine dei militari dirette da un pool di magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. L'operazione è stata chiamata Jato Bet.
Le immagini del blitz a San Giuseppe Jato | Video
Le condotte contestate agli indagati, 6 dei quali vengono ritenuti affiliati alla famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato, sono relative al periodo compreso tra il febbraio 2017 ed il novembre 2019, durante il quale il Gruppo di Monreale ha condotto il monitoraggio degli assetti criminali nello storico mandamento mafioso jatino.
I protagonisti delle misure scattate oggi avevano esercitato il controllo del territorio attraverso estorsioni a San Giuseppe Jato (in particolare a danno di un centro scommesse), devolvendo gran parte dei proventi alle famiglie dei detenuti; ma anche con l’espansione imprenditoriale nel settore edilizio, attraverso il conseguimento di diversi appalti, sia nella valle dello Jato che a Palermo. Infine il traffico di hashish tra i territori di Palermo (mandamenti mafiosi di Santa Maria del Gesù e Porta Nuova) e San Giuseppe Jato.
Una svolta alle indagini c'è stata all’indomani dell’arresto di Ignazio Bruno, capo del mandamento mafioso di San Giuseppe Jato, e di Vincenzo Simonetti, suo autista e consigliere, avvenuti, rispettivamente, nelle operazioni ‘Quattro.Zero’ e ‘Montereale’. I due uomini d’onore, anche durante la loro detenzione, hanno mantenuto stabili contatti con gli altri associati oggi destinatari del provvedimento cautelare. In particolare, le comunicazioni avvenivano con Calogero Alamia (nipote di Antonino Alamia, elemento di vertice della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato e già individuato come ‘cassiere’ del clan, attualmente detenuto), cui viene contestato il ruolo di promotore dell’organizzazione dal luglio del 2018, e Maurizio Licari.
Gli altri indagati per associazione mafiosa, tutti in qualità di partecipi, sono Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito, storico esponente di Cosa Nostra e già condannato a 10 anni e 6 mesi di reclusione per associazione di tipo mafioso ed estorsione (sentenza divenuta irrevocabile nel 2006), ed i figli Calogero e Giuseppe Antonio Bommarito. Il provvedimento eseguito oggi colpisce anche Massimiliano Giangrande (al quale non viene però contestato il reato associativo).
Vicenda sintomatica del controllo territoriale esercitato dalla mafia a San Giuseppe Jato è quella relativa all’estorsione a danno del gestore di un centro scommesse di quel comune. In più circostanze, tra cui le festività di Pasqua del 2017, l’uomo ha consegnato agli indagati Nicusor Tinjala, Giuseppe Bommarito e Maurizio Licari somme di denaro utilizzate sia per alimentare la ‘cassa’ della famiglia mafiosa che per supportare i detenuti associati attraverso il sostentamento delle rispettive famiglie.
Inoltre, è stato possibile documentare l’autorevolezza del capo famiglia Calogero Alamia all’interno di Cosa nostra jatina. Solo grazie al suo intervento, infatti, è stato possibile ricomporre, nell’estate 2018, gravi contrasti tra membri della famiglia mafiosa che ambivano alla reggenza del clan. Questa spaccatura si sarebbe poi ricomposta solo grazie alla pressione esercitata da Alamia, il quale avrebbe sollecitato gli associati a mantenere l’unità per non compromettere il potere della famiglia sul territorio.
Infine, tra i destinatari del provvedimento cautelare eseguito c'è l'ex comandante dei vigili di San Giuseppe Jato (oggi in pensione), al quale è stata applicata la misura della sospensione dall’ufficio o servizio. A lui viene contestato di essersi introdotto abusivamente nel sistema informativo dell’Aci per verificare l’intestatario della targa di un veicolo da cui erano stati scaricati rifiuti edili in un’area di quel centro monitorata da telecamere comunali. Nel dettaglio, il pubblico ufficiale avrebbe riferito, per sua iniziativa, l’esito dell’accertamento informatico svolto a Giuseppe Antonio Bommarito, consentendogli di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi.
Il sindaco metropolitano, Leoluca Orlando, ha espresso "un sentito apprezzamento per una brillante operazione che ancora una volta ha messo in luce la capacità dello Stato di prevalere sulle organizzazioni criminali che cercano, come dimostrato da queste ultime indagini, di riaffermare continuamente il proprio potere. Per questa ragione, dunque, non bisogna mai abbassare la guardia e continuare ancora con più forza nel solco di quel cambiamento culturale che non può essere ostacolato dall'arroganza mafiosa"