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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mafia

Teste di capretto, furti, usura e minacce: "Così i boss hanno stritolato un imprenditore per anni"

I retroscena del blitz "Breccia" che è nato dalle denunce di Giorgio Girgenti, 50 anni, di Prizzi, a sua volta indagato per truffa. Dal 2010 sarebbe stato schiacciato dai debiti e dalle richieste dei mafiosi. Tra i suoi presunti taglieggiatori anche l'ex direttore di sala del Teatro Massimo

"Stai attento a tuo figlio", ma anche una bottiglietta piena di benzina con un accendino e una calza appesi alla maniglia di una macchina, la testa di un capretto, il furto di diversi mezzi, uno dei quali danneggiati incidendo il suo nome con un oggetto appuntito su uno degli sportelli. Sono solo alcune delle intimidazioni che avrebbe subito per anni l'imprenditore nel settore immobiliare Giorgio Girgenti, 50 anni, di Prizzi, a sua volta indagato per diversi episodi di truffa, che ha deciso di raccontare le pressioni subite da esponenti del clan di Santa Maria di Gesù e Monreale ai carabinieri del Ros, già a partire dal 2016. Dichiarazioni ritenute attendibili dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dal sostituto Dario Scaletta e ora anche dal gip Lirio Conti, che ha disposto 7 arresti.

Operazione del Ros, i nomi degli arrestati

Il blitz "Breccia" di stamattina ruota esclusivamente attorno alla storia travagliata di Girgenti, stritolato tra debiti e prestiti a tassi usurari (anche di oltre il 2.600 per cento su base annua), ma pure richieste di pizzo e persino la costrizione a vendere un albergo (l'Amarcord di via Mariano Stabile) e a consegnare una caparra da oltre 330 mila euro, rinunciando all'acquisto di una villa ad Altavilla Milicia. Gli indagati finiti in carcere e ai domiciliari, indicati dalla presunta vittima in varie denunce, sono tutti personaggi già noti alle cronache giudiziarie, alcuni condannati in via definitiva per mafia in particolare nel processo "Brasca". Tra di loro figura anche l'ex direttore di sala del Teatro Massimo, Alfredo Giordano, e - ma è deceduto nel 2016 - lo storico boss di Santa Maria di Gesù, Mariano Marchese.

Il patrimonio del barone e le pressioni dei boss

La Procura scrive che "il potere economico di Girgenti era noto": l'imprenditore si sarebbe infatti ritrovato più di una decina di anni fa a gestire l'immenso patrimonio di un barone e, cercando di farlo rientrare da un debito di 46 miliardi di lire, avrebbe compiuto tutta una serie di compravendite. Proprio per questi affari "ben presto era finito all'attenzione di soggetti di notevole caratura criminale - dicono ancora i pm - per lo più appartenenti ad organizzazioni mafiose, che vedevano in lui uno strumento di investimento".

Le amicizie pericolose e le accuse di truffa

I magistrati sottolineano anche che Girgenti "non ha fatto mistero di aver avuto rapporti e di essersi accompagnato sovente con soggetti appartenenti o vicini alla famiglia mafiosa di Monreale, così come ad altre articolazioni di Cosa nostra; ma sul punto ha fornito puntuali motivazioni circa le ragioni di tali rapporti". Inoltre, l'imprenditore "annovera numerosi procedimenti, per lo più, per truffa", ma ha spiegato "di non aver mai voluto truffare nessuno e di aver contratto, suo malgrado, debiti senza riuscire spesso a gestirli, a causa della spirale di imposizioni subite nel tempo, sia nella forma di prestiti a tassi usurari che sotto forma di estorsioni" e che "nel tempo ha cercato di ristorare i propri creditori".

I prestiti con tassi esorbitanti dell'ex direttore di sala del Teatro Massimo

Proprio l'ex direttore di sala del Teatro Massimo avrebbe concesso prestiti a Girgenti e poi preteso la restituzione delle somme con tassi esorbitanti sin dal 2010, secondo l'accusa. Il 10 ottobre di quell'anno, per esempio, Giordano avrebbe prestato 10 mila euro alla presunta vittima e dopo una settimana ne avrebbe incassati 15 mila (con un tasso d'interesse annuo del 2.607 per cento). Dopo 17 giorni avrebbe preteso altri 11 mila euro. Il 4 gennaio del 2011 Giordano avrebbe prestato 10 mila euro a Girgenti, intascandone 13 mila dopo 16 giorni (con un tasso del 684,37 per cento su base annua). Il 24 gennaio successivo avrebbe fatto un altro prestito da 13 mila euro e, dopo 10 giorni, se ne sarebbe rimessi in tasca 15 mila. Un prestito da 7.500 euro del 3 marzo del 2011 dopo 12 giorni sarebbe lievitato a 10 mila euro. Inoltre, su un ulteriore prestito di 30 mila euro risalente al novembre 2010, in poco tempo l'indagato sarebbe riuscito ad intascare oltre 55 mila euro.

La fornitura di marmo fantasma

Secondo la Procura, poi, Giordano assieme ad altri indagati avrebbe anche costretto l'imprenditore a consegnare 15 mila euro per una fornitura di marmo che in realtà non sarebbe mai avvenuta. In questa circostanza, Girgenti sarebbe stato convocato a diversi incontri, a cui sarebbe stato presente anche il boss Marchese, e sarebbe stato minacciato anche per telefono, tra dicembre del 2012 e gennaio del 2013.

I soldi per mantenere la famiglia del mafioso

Carmelo La Ciura, del clan di Monreale, attraverso Marco Neri, avrebbe invece preteso soldi per il sostentamento della sua famiglia durante un periodo di detenzione. E per avere i soldi dall'imprenditore sarebbe ricorso a messaggi intimidatori tra il 16 marzo 2016 e il 27 luglio 2018.

La vendita dell'hotel di via Mariano Stabile e l'acquisto della villa

Salvatore Fileccia e Gioacchino Meli, secondo l'accusa, avrebbero costretto la presunta vittima a farsi rilasciare una procura speciale per vendere l'hotel Amarcord di via Mariano Stabile 139, dal valore di 250 mila euro, tra aprile e ottobre 2011, ma gli avrebbero anche imposto di rinunciare a una caparra da 332.840 euro per l'acquisto di una villa di Altavilla Milacia, che - con quegli stessi soldi - sarebbe stata poi invece acquistata proprio da Meli il 15 giugno 2012.

Furti, teste di capretto e telefonate minatorie

Girgenti aveva già reso dichiarazioni nell'ambito dell'inchiesta "Brasca" e nel tempo ha denunciato tantissimi strani episodi. Nell'ordinanza ne sono riportati alcuni: il 3 novembre 2010 l'esposto riguardava il furto del contatore Enel della sua azienda e anche una telefonata anonima risalente a un mese prima in cui una voce maschile gli aveva detto: "Stai attento a tuo figlio"; il 26 marzo del 2011 l'imprenditore aveva denunciato il furto di una Smart presa a noleggio; il 6 settembre successivo quello di una Mini Cooper con all'interno tre assegni per un totale di 70 mila euro (l'auto era stata ritrovata il giorno dopo); il 19 giugno 2012 Girgenti avrebbe invece ritrovato mezza testa di capretto su uno dei sedili della sua Yaris, mentre il 4 aprile 2013, alla maniglia di una Range Rover, era stata appesa una busta con una bottiglietta piena di benzina, un accendino e una calza; il 26 luglio seguente aveva ricevuto un'altra telefonata anonima, in cui gli era stato detto solo: "Stai attento". Il 10 novembre 2014 la presunta vittima aveva denunciato il danneggiamento della Range Rover: con un oggetto appuntito, su uno degli sportelli, qualcuno aveva inciso a caratteri cubitali il suo nome, Giorgio. Infine, il 23 settembre 2017, l'imprenditore aveva denunciato il furto di un'altra macchina, una Toureg, ritrovata però la stessa sera.

"E' stato troppo mortificato per colpa tua..."

Il gip scrive che per Girgenti si sarebbe "innescato un circolo vizioso di situazioni debitorie e annesse pretese estorsive di cui la vittima si è trovata avviluppata e che l'hanno indotta" poi a denunciare. Nell'ordinanza si sottolinea anche che in una prima fase l'imprenditore "aveva beneficiato della posizione di filtro assunta da La Ciura", che conosceva da tempo e che, come diceva lui stesso, "mi vuole troppo bene, ci tengono a me", e che "in qualità di referente mafioso aveva mediato le istanze degli uomini d'onore di Santa Maria di Gesù". "Melino" La Ciura però ad un certo punto sarebbe stato estromesso dalla gestione della vicenda: "E' stato troppo mortificato per te, ha avuto rimproveri per colpa tua, per proteggerti, perché lui si era preso l'impegno per te e non ha saputo mantenerlo", dicevano a Girgenti. 
 

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