"I mafiosi sono pupi, spavaldi solo con chi ha paura": in tv la storia di 5 donne coraggio
Hanno rotto l'omertà, hanno denunciato, testimoniato, rischiato la loro stessa vita. Di queste figure eroiche si parlerà a La Grande Storia - Anniversari, in onda domani su Rai3. Da Serafina Battaglia a Michela Buscemi, che al maxiprocesso fece nomi e cognomi degli assassini dei suoi fratelli
L'impegno contro la mafia è anche e soprattutto nel coraggio di quelle madri, figlie, sorelle e vedove che hanno visto i loro cari morire ammazzati e non si sono rassegnate, non hanno taciuto. Tutt'altro: hanno rotto l'omertà, hanno denunciato, testimoniato, rischiato la loro stessa vita. Di queste figure eroiche si parlerà a La Grande Storia - Anniversari, in onda domani su Rai3 alle 15.20.
In Donne e coraggio, voci contro la mafia, cinque storie di amore, dolore, orgoglio e desiderio di giustizia. A partire da quella di Michela Buscemi, figura simbolo della lotta contro la criminalità organizzata, che al maxiprocesso di Palermo fa nomi e cognomi degli assassini dei suoi fratelli.
Facendo poi un passo indietro nel tempo per raccontare la vicenda di Francesca Serio, madre del sindacalista Salvatore Carnevale ucciso nel 1955 a causa delle sue battaglie contro il latifondo, quando ancora erano in molti a sostenere che cosa nostra non esisteva.
Segue quella di Serafina Battaglia, donna di mafia, capace anche di accettare l'assassinio del marito, ma non quello del figlio. Decide allora di parlare e le cronache descriveranno questa figura che si presenta in Tribunale avvolta in uno scialle nero, con le mani coperte da guanti neri. A Serafina Battaglia fu ucciso suo marito Stefano Leale, commerciante e mafioso, da poco tempo espulso da cosa nostra. Era il 1960. A seguito di questo evento Serafina incoraggiò il figlio Salvatore a vendicare il padre. Il figlio tentò di uccidere i due boss, Filippo e Vincenzo Rimi, ma l'attentato fallì e fu ucciso a sua volta. Durante il processo per l'omicidio del figlio, Serafina decise di testimoniare contro il sistema mafioso, collaborando con il giudice istruttore Cesare Terranova. "I mafiosi - disse la donna una volta - sono pupi. Fanno gli spavaldi solo con chi ha paura di loro, ma se si ha il coraggio di attaccarli e demolirli diventano vigliacchi. Non sono uomini d'onore ma pezze da piedi".
Ma si parla anche di Felicia Impastato, moglie di un mafioso legato a Tano Badalamenti, il responsabile dell'assassinio di suo figlio Peppino. L'omicidio avviene il 9 maggio 1978, proprio lo stesso giorno in cui viene ritrovato il cadavere di Aldo Moro in Via Caetani a Roma.
Infine la giovanissima Rita Atria, che diventa testimone di giustizia dopo la morte del fratello e che si fida ciecamente di un giudice, Paolo Borsellino. Quando anche questi viene trucidato dalla mafia lei, travolta dal dolore e dalla disperazione, si uccide buttandosi dalla finestra della casa di Roma, dove viveva nascosta nell'ambito di un programma di protezione.